10 cose che mi sono piaciute del ritorno del golf in tv

  1. I 5 milioni di dollari e spicci. Tanto è stato raccolto dal match di beneficenza organizzato da Taylor Made e giocato a Seminole, in Florida, da Rory McIlroy in coppia con Dustin Johnson, contro Rickie Fowler e Matthew Wollf. Poco importa chi abbia vinto la partita (i primi due), perché contava il fine, ossia fare del bene. Ed è bello che il golf sia stato il primo sport a essere in prima linea nella trincea della beneficenza.
  2. La favola. Voltaire scriveva che “le favole sono la storia dei tempi rozzi”. Ma capita anche che la rozzezza del tempo sia tale che l’epoca che viviamo non accetti neppure le favole o qualsiasi altro tipo di racconto. Eppure, non so a voi, ma a me, domenica sera, a osservare dallo schermo tv il verde del percorso di gara, godendo di nuovo del buon golf in diretta, pareva proprio di vivere in una favola.
  3. Niente virologi. Finalmente.I drive a bomba di Rory e Wollf, ingarellati come bambini coi loro teeshot, il tocco setoso dei putt di Riccardino Fowler, il rumore delle onde dell’Oceano a pochi passi dal percorso: sono cose che nell’ultima serata di lockdown italiano hanno fatto bene al cuore e alla mente di noi sportivi, per la prima volta distratti da una diretta tv dai numeri del dolore che tanto bene abbiamo imparato a conoscere.
  4. L’immagine in generale.I campioni vestiti come noi neurolabili dello swing, la sacca in spalla, la mancanza di pubblico, le prese in giro di Rory a Wollf: tutta la sceneggiatura del match concorreva a sottolineare una cosa. Che alla fine, nella vita, si rincorre tutti un desiderio identico: normalità. Che grande lezione.
  5. La pancetta di Dustin Johnson.Lo avevo scritto: ogni quarantena è infelice a modo suo. A giudicare dai rotolini sugli addominali di solito scolpiti a lucido, quella di DJ deve essere stata una quarantena a uso e consumo di junk food. Un segnale di pace, soprattutto per tutti noi neurolabili dello swing, che abbiamo sofferto per 70 giorni le nostre inadempienze alimentari e i numerini atroci delle nostre bilance.
  6. Niente caddie.Vedere tante pendenze non lette alla perfezione sui green mi lascia credere che alla fine i caddie siano più importanti di quello che immaginiamo noi comuni mortali e che il golf si stia trasformando lentamente in un gioco di squadra.
  7.  Distanziamento.Osservare quattro campioni giocare 18 buche senza mai avere il problema o la paura di ritrovarsi troppo vicini e dunque a rischio contagio, mi fa ancora una volta di più credere alla totale sicurezza del nostro gioco.
  8. I bermuda.I 4 campioni hanno giocato con la braga corta e non mi pare che qualcuno di loro ne abbia sofferto. Anzi. E direi che anche a casa, davanti alla tv, nessuno abbia gridato allo scandalo. Il che mi fa sperare che questa prossima e ormai vicina ripartenza dei Tour potrebbe essere l’occasione giusta per provare finalmente a svecchiare definitivamente il look del golf.
  9. L’imprevedibilità.Sette birdie firmati Fowler e, nonostante tutto,  Riccardino non è riuscito a portare a casa il match. Colpa certamente della formula di gara, lo Skins Game. Ma non per questo il risultato è negativo, anzi. Ci dimostra ancora una volta che nel golf esistono eventi che sfidano le previsioni matematiche e che è meglio allenarsi a essere morbidi  x per accoglierli quando arrivano.
  10. Le alternative.Sepulveda scriveva che “trovare alternative è un bel segnale di intelligenza”. Il golf queste alternative le ha trovate. E lo ha fatto per primo. Non aggiungo altro.

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *