10 cose che mi sono piaciute di Tiger

 

  • L’attitudine. Nonostante i 301 giorni di assenza di score in tasca, Tigerone è riuscito a restare attaccato al punteggio con la passione di un pischello promettente alle prime schermaglie sul Tour. Per dire: noi vantiamo la stessa passione solo quando aggrediamo di forchetta una carbonara fumante;
  • Lo swing. Moderno, composto, con pochissima azione delle mani, e, soprattutto, molto in controllo. Con due vertebre lombari fuori uso perché saldate col Black& Decker, Tigerone trova forza e velocità nel Ground Reaction Force e nell’attivazione del gluteo destro. Per dire: al netto di cagotti furibondi, il gluteo destro noi non sappiamo identificarlo neppure col Gps…;
  • I selfie. Tigerone si è sparato fotine  con tutti gli altri 17 partecipanti all’Hero World Challenge: lo avevamo lasciato solo e tapino in una sala di un commissariato, lo ritroviamo sorridente, amicone e social come non mai;
  • L’effetto social. Al di là dei selfies, Instagram, ovvero il mondo, si è imballato sul ritorno di Tiger da lunedì scorso. Nel mondo della rete non si è parlato d’altro. Ci ha provato Ciccio Kim a scalfire questo primato social lanciando un missile a sorpresa, ma a questa provocazione Tiger ha risposto con un paio di missili dal tee ancora più precisi di quelli nordcoreani. Morale: Tiger 2-Ciccio Kim 0;
  • Il putt. Come se fossimo tornati a quello storico della vittoria allo US Open del 2008. Più preciso della mira di un cecchino ceceno di stanza a Grozny. Impressionante;
  • L’X Factor. Totalizzante. Fedez, Mara, Levante e Manuel Agnelli direbbero sì, c’è una sedia per te, Tigerone. Anzi, scusaci: ti abbiamo preparato un trono foderato di zibellino;
  • La “Modellità”. Nella vita di tutti i giorni, senza modelli, non esisterebbe nulla. Senza il modello di Tiger, non esisterebbero i vari Giordanello, Riccardino, Dustino, JT, ecc. Ricordiamocene spesso prima di parlare (a vanvera, per lo più);
  • Il downswing: me l’aspettavo più lento di Montolivo, e invece…booom! A bombazza verso il bersaglio, senza paura. Senza controllare. Senza frenare. Molto più in coordinazione rispetto agli ultimi anni (da Hank Haney in poi);
  • L’onestà. Nel parlare delle sue paure. Del suo buio. Della sua dipendenza da farmaci. Della sua adrenalina a fiumi sul tee della prima buca dopo 301 giorni;
  • La lezione da trarre: non è mai finita, finché non è finita. Prendere appunti.

 

 

 

 

Comments

2 Comments
  1. posted by
    Renato Piantanida
    Dec 1, 2017 Reply

    Ben scritto, come sempre. Brava!

  2. posted by
    GianMaria
    Dec 1, 2017 Reply

    Pienamente d’accordo

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