2050: l’Intelligenza Artificiale sbarca sul green

Golfisticamente parlando, il 2019 è stato un anno caratterizzato, tra le altre cose, da diversi “scazzi” tra i campioni del Tour e i loro caddie, rei, agli occhi dei datori di lavoro, di aver cannato nella scelta di bastoni, strategie o pendenze.

Epica, in questo senso, la sceneggiata (una delle tante, a dire il vero) di Matt Wallace alla 72sima buca del BMW International Open di Monaco di Baviera (vinto dal nostro Pavanello), dopo un drive finito in acqua a sinistra su una linea di tiro da far tremare i polsi anche a Batman.

Da incorniciare anche, nel corso dell’ultimo US Open, l’ironia sprezzante di Jordan Spieth nei confronti del suo caddie, Michael Greller, colpevole di avergli fatto volare il green in un paio di occasioni nonostante due colpi assolutamente perfetti.

Fin qui, in fondo, nulla di particolarmente rilevante: gli annali del golf sono pieni zeppi di accuse lanciate con occhiatacce o improperi veri e propri da parte dei giocatori ai portabastoni.

Le cose, però, potrebbero cambiare radicalmente e neppure tra molto tempo: la data indicata potrebbe essere quella del 2050, anno più o anno meno. Per quel tempo gli ingegneri al lavoro sull’intelligenza artificiale (IA) prevedono lo sbarco in massa dei robot in centinaia di lavori umani.

Autisti, medici, militari, operatori di borsa, commessi: sono tutte professioni che, insieme ad altre decine e decine di lavori, potrebbero scomparire dalla lista delle attività tipicamente umane.

Inutile nascondersi dietro un dito: i problemi legati al mondo dell’impiego e alla massiccia disoccupazione del futuro sono già presenti oggi nell’agenda di ogni serio governo che si rispetti.

La verità è che negli ultimi anni l’IA è andata così avanti da poter superare le prestazioni degli esseri umani anche in compiti che prevedono l’utilizzo dell’intuizione e della creatività.

Per dirla facile, l’essere umano è stato letteralmente “hackerato”: i biologi stanno decifrando i misteri del cervello e dei sentimenti e gli informatici hanno un potere di elaborazione di questi dati mai vista in precedenza.

La somma di questi Big Data sta creando un’Intelligenza Artificiale inaspettata: una nuova forma di umanità pluripotenziata, capace non solo di fare, ma anche e soprattutto di decidere (si spera al meglio) per noi.

E qui torniamo a bomba sul discorso iniziale circa il caddie: non è per niente fantascienza immaginare sui Tour del 2050 portabastoni in forma di robot, capaci di calcolare in un microsecondo tutte le caratteristiche di ogni colpo: vento, umidità, lie, distanza, altitudine, percentuali di successo o insuccesso, strategie da evitare o da seguire, stato d’animo del giocatore, flussi adrenalinici e quant’altro.

Ora: le variabili del gioco, le vere protagoniste del golf, sarebbero azzerate in un microchip, con i campioni sempre a grippare il bastone perfetto per la situazione che si staglia dinnanzi a loro. In definitiva… sai che palle!

Fortunatamente, per la sopravvivenza dell’emozione del gioco del golf, va detto che ciò che per un robot non è casuale, può invece ben esserlo per un essere umano. Parliamo di perfezione, ovviamente.

Morale: fintanto che saremo noi esseri umani a swingare, il divertimento sarà assicurato. Anche se avremo il ferro giusto in mano.

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