C’è un mondo là fuori che chiede golf e noi non ce ne accorgiamo

Non so se ve ne siete resi conto, ma in giro, da un po’ di mesi, c’è una decisa tendenza che sta prendendo sempre più piede e che, se intercettata per tempo, potrebbe far bene ai numerini del nostro golf italiano.

Gli indizi sono innumerevoli, ma i più evidenti arrivano dall’aumento dei cosiddetti “viaggiatori lenti”, persone che vanno a piedi, per i quali non è importante la meta, quanto il tragitto che si fa.

Per dire: questo straordinario fenomeno delle passeggiate o delle marce con zaino in spalla lungo i tradizionali cammini si sta evolvendo dagli originari motivi devozionali verso desideri più banali: respirare l’aria, osservare il paesaggio, assaporare i profumi e i colori della natura circostante, godersi il momento.

Camminare –dicono gli scienziati- lascia andare l’ansia e le preoccupazioni, riporta tutto al presente, facendo sì che si disintossichi lentamente, passo dopo passo.

Camminando, si stimola la produzione di serotonina, l’ormone del buon umore, e di endorfina, una sostanza prodotta dall’ipofisi che dona un’immediata sensazione di benessere e rilassamento.

Messo da parte da anni e sostituito da stili di vita più energetici, il semplice walking sarebbe dunque tornato di gran voga: per dire, solo nello scorso anno ben 19mila sono stati i camminatori che si sono messi in marcia lungo la nostra storica via Francigena.

Da dove arriva questo bisogno di rallentare? Dalla necessità di ritrovarsi. Dall’uso eccessivo della tecnologia, che, invece di renderci la vita più facile, ne ha costruita una a sua immagine e somiglianza: veloce, fredda e algida.

A furia di bip, trilli, mail e chat, il mondo si è incriccato: nulla pare fluire più. Fissi con lo sguardo sull’Iphone, abbiamo smesso per troppo tempo di guadare in alto. Da qui il ritorno al bisogno di lentezza, spiritualità e natura. 

In questo scenario, il gioco del golf avrebbe molto da offrire a questi neo-rallentatori: camminate, silenzio, aria fresca, telefoni spenti, natura, pensieri liberi, immersioni nel sé, e molto altro ancora.

Gleneagles

Ora: chi già gioca a golf sa che 9 buche in solitaria, in compagnia solamente della migliore colonna sonora che il verde sa offrire, sono ritempranti tanto quanto una camminata lungo una tappa del Cammino di Santiago; farlo presente a chi ancora non lo sa, mi parrebbe cosa buona e giusta. Soprattutto ora, un momento in cui il golf, in questa sua accezione spirituale, incredibilmente potrebbe risultare accattivante per alcuni, certamente non per tutti.

E invece… e invece, nonostante là fuori, fuori dalle club house, i segnali siano forti e chiari, io per lo più continuo a imbattermi in una comunicazione dei circoli stantia, chiusa e ripetitiva. In una comunicazione spesso priva di hashtag, o addirittura ignara della portata del #cancelletto, che, non alzando lo sguardo dal green di casa se non per vedere cosa accade in quello più vicino, non sa o non vuole intercettare i trend più attuali.

Soprattutto, continuo a imbattermi in pagine promozionali dirette esclusivamente a chi già gioca, pagine che raccontano solo di sconti su quote e greenfees, pagine che sanno di muffa, pagine che Poltrone e Sofà levatevi proprio. E in questo quadro dalla cornice troppo stretta e dall’orizzonte che termina ai cancelli dei club, non posso fare a meno di chiedermi il perché di tanto spreco di tempo e denaro, nonché di energia, da parte dei nostri circoli.

(#staysveglio #stayattuale)


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