Cellulare e golf: on oppure off?

C’è chi non lo spegne mai. Neppure quando è in una riunione di lavoro, o, peggio, in una … riunione ad alto tasso erotico.

Come il Furio che non “mi disturba mai, figuriamoci”, i tipi in questione non conoscono i benefici della cosiddetta digital detox. E c’è poi invece chi –i nuovi saggi 4.0- ha il coraggio di chiudere baracca e burattini alla sera dalle 20 in poi. In vacanza. Sulla spiaggia. Lungo un sentiero montano. Davanti a un tramonto infuocato. Ed è lì, in quegli istanti di disintossicazione dalla connessione, che si godono la vita, fabbricano idee, scrivono articoli, fanno all’amore.

E poi ci sono io. Io che non spengo il cellulare neppure in una garetta di golf, che chissà mai cosa diamine potrebbe accadere nel mondo degli out of bounds nel corso di quelle cinque orette nelle quali mi dovrei perdere nel verde del campo e non certo nell’internet.

Metti caso. Un’emergenza familiare. Tiger Woods che si risposa. Molinari smascherato a trollare profili Twitter. Spieth scovato in un club per scambisti gay.

La fantasia non ha limiti, certo, ma anche la vita non fa fatica a stargli dietro.

E quindi non mi disconnetto. Certo, la suoneria è silenziosa e non dà fastidio. Ma il cellulare è eternamente lì, in modalità vibrazione, nella tasca posteriore dei miei pantaloni da golf, pronto a rovinarmi col suo vrrr muto l’esecuzione del più puro degli swing.

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E quindi, in pieno fervore multitasking, gioco, posto, fotografo, m’informo, commento, cuoro e liko: il tutto nella pausa tra uno smoccolo e l’altro da bogey.

Ora: una mia amica psicoterapeuta sostiene che in questi tempi moderni di iperconnessione, sono due le paturnie nevrotiche più diffuse: l’attacco di panico e l’ossessività compulsiva. Ed è stato illuminante fermarmi a ragionare (ovviamente tra un trillo e l’altro) sul fatto che il golf me li arreca entrambi ‘sti moderni rodimenti di nervi: l’attacco di panico fisso sul putt per il bogey da un metro e mezzo, e l’ossessività compulsiva quando, tra un doppio e un triplo, smanetto alla velocità del tuono tra le immagini di Instagram a cercare un’improbabile panacea da dopamina atta a cancellare tutti i miei dolori golfistici. Che, per inciso, in gran parte sono creati dal travaglio telefonico.

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Insomma: se gioco bene, mi distraggo col cellulare; se gioco male, mi curo col cellulare. In ogni caso, sto sul cellulare, invece di stare nel cosiddetto presente come ogni golfista sano di mente che si rispetti. Ma, forse, sto solo alla ricerca di un altrove potenzialmente migliore. Che poi migliore di un campo da golf, ditemi voi che c’è: è come stare a letto con Daniel Craig e sognare Fabio Fazio.

Ecco: Io sogno Fazio. Da domani, spengo. Lo giuro.

 

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