Ciao Celia

Svegliati presto, si era detta. Bevi qualcosa, fai colazione. Fai ciò che ami e ama ciò che fai: vai a giocare a golf, Celia, che oggi sei piena di cose meravigliose da fare.

C’era un allenamento in campo, perché il secondo stage per la carta dell’LPGA Tour era dietro l’angolo.

C’era da studiare per terminare il semestre in ingegneria civile, perché lo studio era prima di tutto.

C’era da baciare Carlos, un bel ragazzo moro che le faceva battere il cuore.

C’era da rispondere alle telefonate di mamma, di cui aveva trovato dieci chiamate senza risposta.

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Insomma, dai, c’era un altro giorno da vivere, perché in fondo tutto accade in solo giorno. Nasciamo in un giorno. Ci innamoriamo in un giorno. E moriamo in un giorno. Come Celia Barquin Arozamena, la campionessa uccisa in uno stagno pieno di fango del campo da golf di Ames, dove si stava allenando col cellulare in mano. Quello stesso stagno –quel crudele disegno che a volte il destino ha in serbo per noi- che chissà quante volte Celia avrà fatto di tutto per evitare.

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Ecco: lunedì non ce l’ha fatta a volarlo. Ci è finita dentro a peso morto dopo l’aggressione subita da un balordo senza fissa dimora. Un suo coetaneo, uno che voleva violentarla. Uno che voleva ucciderla. E siccome non c’è niente di più lucido di un pazzo con in mente una lucida follia, lui l’ha aggredita e poi uccisa. Così. Con un coltello.

Era in un posto sicuro, Celia: all’interno di un campo da golf. Un posto dove il peggio che ti possa capitare è perdere una pallina, o forse due. Un angolo di paradiso in terra che all’improvviso si è trasformato in una sosta verso l’inferno. Perché non esistono più luoghi sicuri in terra: pure il paradiso pare essersi stufato di noi. E allora, dove prima c’era lui a renderci fortunati, ha lasciato spazio alla sfortuna, quella cosa che, a differenza della fortuna, se la chiami, ti sente benissimo e accorre.

E allora, alla luce di quanto di orribile è successo a Celia, ti rendi conto che, se un tempo c’erano quattro cose di cui una brava ragazza aveva bisogno per sopravvivere (un rossetto a lunga tenuta, un mascara che non colava, un paio di calze che non si sfilassero e tre gocce di Chanel n.5), oggi invece, in tempi di ordinaria follia e di violenza ripetuta sulle donne, ognuna di noi ha una sola disperata necessità: quella di avere sempre nella borsetta qualche goccia di fortuna, altro che Chanel.

Così va la vita di noi donne. Ed è davvero insostenibile.

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Comments

1 Comment
  1. posted by
    Anna rosa del sarto
    Sep 20, 2018 Reply

    Senza parole

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