Cosa succede allo European Tour?

Che succede allo European Tour?

La domanda è d’obbligo anche se da “noi” la stagione è appena iniziata, perché, statistiche alla mano, se confrontiamo le medie dell’età degli ultimi 7 vincitori sul circuito del Vecchio Continente (33,1 anni, nonostante ci sia stato un diciottenne ad alzare il trofeo a Mauritius) contro quelle dei trionfatori dei 15 tornei 2019/2020 del Pga Tour (27,0 anni), questo dato ci dice qualcosa di non bello. Questo dato ci racconta che, se le cose non cambieranno in qualche modo, il Tour Europeo sarà destinato lentamente a scomparire, o comunque a perdere sempre più peso.

44 tornei totali, più l’Olimpiade di Tokyo e la Ryder Cup in trasferta: questo il totalone della stagione 2020 europea.

Peccato che di questi 44 appuntamenti, solo 19 si disputino sul suolo di casa, mentre tutti gli altri (25) se la viaggino tra l’Australia, l’Asia, l’Africa e il continente americano, con un aumento vertiginoso dei costi e il contemporaneo non corrispettivo innalzamento dei montepremi.

Voglio dire: nel mondo del golf professionistico oggi esistono almeno 40  tornei con 7 o più milioni di dollari di montepremi. Di questi, per quanto riguarda il nostro circuito, solo 5 si disputano in Europa (Open Championship, Italian Open, Irish Open, Scottish Open e Wentworth), 3 sono i play off della Race to Dubai (Turchia, Sudafrica e Dubai), 3 sono i restanti Major (US Open, Masters e Pga Championship) e 4 sono i WGC (Messico, Texas, St. Jude e Cina).

Capirete bene, a leggere i nomi dei suddetti tornei, che non proprio tutti i membri dello European Tour sono invitati a partecipare a ognuna di queste festicciuole da 7 milioncini, ma solo i super top delle classifiche.

Per contro, la stagione del Pga Tour, al netto dei Major, dei WGC e delle tre finali FedEx, prevede 23 appuntamenti “normali” con montepremi da 7 o più milioni di dollari, ma con field aperti ai membri del circuito. 

Quindi, per conoscere il futuro del golf europeo… follow the money, esattamente come stanno facendo da tempo le stelle di primissimo piano (Rory, Rose, Molinari, ecc) e come iniziano a fare anche i giovanissimi, quegli amateur che escono dalle università a stelle e strisce e sono già pronti a competere sul suolo americano. Jon Rahm e Viktor Hovland sono gli ultimi della lista: per carità, per amor di Ryder Cup i giovani restano anche membri dell’European Tour, nel quale tornano però solo per i 5 miserrimi tornei richiesti dal CEO Keith Pelley.

Ed ecco dunque perché l’età dei winners in Europa è più alta che sul Pga Tour: laggiù il ricambio generazionale è più rapido e più incisivo. Laggiù mirano i giovani più forti e affamati. Follow the money (e nel frattempo date un occhio anche ai petroldollari sauditi, che in un futuro non troppo lontano -2 anni si dice – potrebbero cambiare tutte le carte in tavola e il golf professionistico per come lo conosciamo).

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