Del perché il Masters ci rende pazzi per il golf

E insomma: sono trascorsi tre giorni dalla consegna della giacca verde sulle spalle di Patrizione Apollo C-Reed e finalmente trovo un quarto d’ora di pausa per fermarmi a riflettere. In verità, ragionavo sul perché siamo tutti totally in love con il Masters e, di riflesso, pure con l’Augusta National.

Sarà che il torneo coincide con l’inizio di quella primavera, che da sempre dona un effetto balsamico rinvigorente sui nostri mille acciacchi da umido invernale?

O sarà la fioritura delle azalee e l’esplosione delle mille variabili del rosa, che per un attimo eterno lasciano sfociare i nostri pensieri in un ottuso ottimismo?

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O ancora, sarà la perfezione del luogo, che contrasta a bomba col disordine delle nostre vite caotiche?

O magari saranno i rocamboleschi rovesci di gioco che arrivano puntuali ma inattesi come i casini all’interno delle nostre esistenze frullate?

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Suvvia, sarà quel che sarà, ma, raga, la verità è che il Masters ci fa sentire più farfalle nello stomaco di un amore possibile ma non corrisposto.

Per cui, data una spolverata di Sidol ai neuroni opachi, mi sono resa conto di una cosa: che questo torneo è magico, perché è solo qui che i campioni stellari incappano in quelle stesse neurolabilità golfistiche di cui siamo tutti vittime coscienti in ogni week end di garette che Dio manda in terra.

Bubba patta e finisce in bunker? Capita pure a noi.

Filippone Mickelson liscia la palla dal bosco? Ci succede ogni tre per due.

Sergio segna 13 a un par 5? Benvenuto nel club.

Giordanello passa a stento il tee delle donne (a proposito, esiste ad Augusta?)? Beh, noi paghiamo da bere una domenica sì e una pure.

Jon Rahmbo Rahm ulula al cielo a ogni colpo non perfetto? Ok, se desidera, siamo disponibili a fornirgli qualche ripetizione di smoccolamento.

Rory manca il pattino da trenta centimetri? Noi abbiamo l’abbonamento mensile per la sbordata assassina.

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Insomma, l’Augusta National proprio in questo è sensazionale: che solo qui, anche i campioni preternaturali, quelli che paiono esenti da ogni normativa della fisica, pagano pegno a quell’insondabile legge universale che governa tiranna il mondo dei dilettanti allo sbaraglio del green. Quella che recita: ciò che ci accade, è lo specchio di ciò che siamo. E noi siamo dei neurolabili dello swing: chi più, chi meno, lo siamo tutti, almeno per una settimana all’anno. Quella del Masters.

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