Golf, quando l’ansia regna sovrana

Incartata tra mille casini, arrivo un po’ in ritardo sulla questione, però, come cantava Mina, l’importante è arrivare, prima o poi.

Allor dunque: voglio tornare a bomba sul torneo della settimana scorsa vinto da Rory McRory, l’Arnold Palmer Invitational.

Non so voi, ma c’è stato un momento durante la diretta tv in cui sono balzata sulla sedia.

C’è stato un momento in cui Tigerone ha dichiarato una cosa ai microfoni del post gara, che mi ha fatto letteralmente drizzare le antenne.

“Avevo tre diversi tipi di colpi tra cui scegliere per quel tee shot – ha spiegato Lui dopo aver chiuso il giro avendo sbombardato un out of bounds alla 15 che gli ha tagliato le gambe- ma alla fine non ne ho scelto neppure uno: ho cambiato idea praticamente mentre ero all’apice del backswing e sono finito fuori limite”.

Apriti cielo!

Evidentemente anche Tiger, uno che dovrebbe colpire la pallina con l’economia disinvolta di tutti i grandi campioni, con la serena nonchalance di un animale in cima alla catena alimentare, ogni tanto soffre di quel leggero sussulto delle proprie capacità percettive che lo porta a dimenticare quegli automatismi figli di miliardi e miliardi di ripetizioni. Perché a questo servono le ore trascorse sotto il sole al campo pratica: a sviluppare con la percezione quello che non può essere fatto con pensiero consapevole. Insomma, dai, a rendere tutto automatico: ingrano la prima, sgaso, passo alla seconda e vado avanti così.

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Ora, non so se succede anche a voi, ma, raga, in tutta onestà temo proprio di sì: tutti (anche Tiger, anche se mooolto più raramente) smazziamo dei colpi senza aver prima bene chiaro in testa che cosa vogliamo fare.

Obnubilati da mille pensieri contorti e inutili contemporaneamente, spesso e volentieri tiriamo solo per spostare velocemente da qualche parte quella maledetta pallina. In pratica, tiriamo per dare una smossa (il più delle volte sbilenca) al nostro gioco e al nostro incedere in campo.

In buona sostanza, sbagliamo molti tiri ancora prima di colpirli: sono già talmente sfocati nei nostri neuroni, da non poter essere poi realizzati in modo corretto nella pratica reale.

Beh, raga: non so se lo sapete, ma si chiama ansia. Ne soffre il 90% della popolazione mondiale. Evidentemente anche Tigerone (ogni tanto) ne subisce l’attacco.

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Ora: l’ansia è uno stato psichico dell’individuo caratterizzato da una sensazione di preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale preciso.

“L’ansia –mi spiega Massimiliano Barduco, professore di Scienze motorie all’università di Genova- è un mix complesso di emozioni, che può compromettere seriamente la riuscita del gesto tecnico. Nel caso dei campioni, il gesto, che dovrebbe far parte del territorio degli automatismi, ritorna a essere ipercontrollato e studiato. In quel caso, si attiva un uso errato della forza: ci si irrigidisce, si perde fluidità e velocità. Ma non solo: anche il piano strategico e tattico viene meno”.

Tradotto: nello stato di ansia, tutto ciò che dovrebbe essere lucido e automatico, diventa sfocato e rigido, in quanto le nostre capacità attentive, che sono già limitate per loro natura, subiscono un attacco da parte della sfera emotiva e, perdendo forza e potenza, ci suggeriscono di prestare ancora più attenzione a cose (lo swing) che invece dovrebbero essere consapevoli e automatiche.

Il risultato è un gesto ipercontrollato, che, invece di essere fluido e veloce, è a scatti e rigido: un top, un gancio, o, nel caso di Tiger, un out of bounds.

Ma allora, dall’ansia come se ne esce? “Quando in campo ci si accorge di subire un attacco di pressione immotivata, quando insomma si ha paura –spiega Barduco- la prima cosa da fare è smettere di pensare e ripensare alla tecnica, smettere di provare e riprovare lo swing, ma, piuttosto, bisogna riaffidarsi ai propri automatismi, che ci sono, che non se ne sono andati via anche se a noi può sembrare così. E poi, un altro consiglio: provate a pensare a qualcosa che sapete fare bene, anche se non c’entra niente col golf: che so, la cucina, il giardinaggio, scrivere. Tornare con la mente a qualcosa di cui si è certi, restituisce stima e consapevolezza nelle proprie capacità”.

Ok, da domani fate un elenco di ciò che vi viene bene e portatelo con voi in sacca: sul putt decisivo potrebbe tornarvi assai utile.

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