Guido Migliozzi: sul Tour voglio fare spettacolo

Ridere sopra la fatica di tutto: i saggi dicono sia questo il segreto del buon vivere. E questo, almeno fino a ieri, pareva che Guido Migliozzi sapesse fare col suo golf fatato: gioco bene sono contento, gioco male poco importa. Comunque sia, ci rido su e vado avanti. Questo è il Guido dagli occhi di ghiaccio e dal fare rock che abbiamo conosciuto fino a ieri, per l’appunto.

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Poi però capita tutto a un tratto -perché la vita è così, all’improvviso possiede una densità e un peso ingannevoli dai quali sottrarsi è complicato- che non ci sia posto per il riso che non sia quello della torta cucinata per te dalle mani premurose di tua sorella. L’ha preparata per te, perché è con te e con il resto della famiglia che si deve festeggiare il traguardo più importante della tua pur breve vita da professionista: la conquista della carta per l’European Tour 2019. E allora le solite risate da fanciullo lasciano finalmente spazio alle lacrime da uomo, lacrime di gioia, di commozione e di riconoscenza:

“Giovedì, dopo essere riuscito a superare l’ultimo stage della Qualfying School – racconta Guido Migliozzi- sono tornato subito in Italia, a casa. Volevo stare per i fatti miei, con la mia famiglia, con mio nonno che non sta bene. Perché era giusto condividerlo con loro questo momento, con loro che mi hanno sempre trasmesso un’energia incredibile, che mi hanno supportato, che ci hanno creduto e che hanno fatto tantissimi sacrifici per farmi fare questa carriera. Sì, mi sono fatto un piantarello, ma non per aver ottenuto la carta, quanto per aver realizzato tutt’a un tratto quello che loro hanno fatto per me. E anche se oggi sono a tutti gli effetti un giocatore del Tour Europeo, e anche se ci sono arrivato prima del previsto, dopo soli due anni da professionista, beh, nonostante tutto credo di non aver ancora dimostrato loro tutto quello che vorrei dimostrare”.

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E cosa vuoi ancora dimostrare?  “Lo scoprirete!”

Comunque hai già tre vittorie da pro sull’Alps Tour nonostante le pochissime gare che hai disputato e una carta europea. Voglio dire: è evidente che non sei uno che ha paura…. “No, anzi, a volte devo controllare questo mio lato aggressivo, perché spesso me li vado a cercare i casini in campo, cercando sempre il birdie da ogni dove. Cioè, sono un tipo che se le cose non gli arrivano, se le va a cercare. Per dire, nell’ultimo giro alla Qualifying School, mi ero detto: Miglio, vacci piano, attacca difendendoti. Mi ero insomma ripromesso di non snervarmi, di stare attento e di fare un gioco regolare. E fino alla 16 era filato tutto liscio, solo che lì mi ero stufato di non andare all’attacco e allora, niente, ho esagerato e sono finito in acqua e, insomma, sai lì ci si gioca tutto in una frazione di secondi”.

E?  “E mi sono inventato un approccio e putt da 70 metri, imbucando da cinque metri per il par. Guardavo la linea in green e mi dicevo: ma insomma, ti sei allenato tutti questi anni e non vuoi mettere dentro questo dannato putt? Dai! Poi, di nuovo, alla 17, mi sono trovato con un putt per il par da tre metri e di nuovo, buca! A quel punto mi sentivo come Poulter in Ryder Cup: ho iniziato a picchiarmi col pugno destro sul cuore e non la smettevo più!”.

E adesso però con Poulter ci giocherai…  “Non vedo l’ora: dopo 25 giorni di Qualifying School tiro un po’ il fiato, ma poi riparto subito dal Sud Africa. Finalmente! Voglio partire concentrato e forte, voglio respirare aria nuova. Voglio cercarmi esperienza professionale, perché in certe cose sono ancora come un amateur e invece ormai sono un professionista vero. Voglio stare con gli occhi aperti e catturare le cose belle dei campioni”.

E quali sono le cose belle dei campioni?  “Sono quei momenti in cui sei tu che fai lo spettacolo e sei tu che fai girare la ruota”.

Ed eccolo qua il lato rock di Migliozzi: non era sparito, tranquilli raga, si era solo nascosto dietro attimi di giusta commozione. Quegli attimi di incredulità che passano tra la felicità più felice e la domanda “ma davvero ce l’ho fatta?”. Si, ce l’hai fatta.

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