Hai lo yips? Chiudi gli occhi (e occhio al portafogli)

Dicono che lo yips -quella specie di momentanea follia distruttrice che impedisce al golfista di muovere con fluidità la testa del putter o del sand, sia il cancro del golf.

Secondo Tommy Armour, uno che di certe problematiche se ne intendeva e se ne intendeva non a sua insaputa, “quando ce l’hai, ce l’hai: ci muori con lo yips”.

Da italiana, mi viene da suggerire che lo yips (o ticchio o tic) sul gioco corto sia come la napoletaneità: è un qualcosa a cui ti devi rassegnare con infinita pazienza, perché la speranza in questo caso non basta. La speranza, che altrove è un’eccezione, se vivi a Napoli o hai lo yips sul putt, diventa un’abitudine e, quando diventa un’abitudine, la speranza la devi chiamare pazienza.

Pochi si salvano dallo yips, da quello spasmo muscolare involontario le cui cause sono tuttora incerte e che colpisce tra il 33% e il 48% dei golfisti seri che giocano da più di 25 anni.

Vittime illustri ne abbiamo? Certo che sì: Langer, Hogan, Snead, Vardon, Miller, Watson, e poi Ian Baker Finch e Seve sul drive, e, recentemente, alcuni sostengono che anche Tiger ne sia vittima sull’approccio.

C’è chi sostiene che lo yips sia dovuto a cambiamenti biochimici che avvengono nel cervello dopo una certa età, chi invece lo imputa a una distonia focale, cioè a una condizione neurologica che provoca movimenti involontari quando ci si accinge a compiere determinate azioni.

Ricerche più recenti hanno evidenziato come lo yips possa essere legato alla contrazione di gruppi di muscoli del braccio che generalmente non operano allo stesso tempo: quelli che estendono il polso e quelli che lo flettono.

In caso di “ticchio”, questi muscoli esercitano all’unisono una doppia trazione.

Pare chiaro a questo punto che nei casi di yips il messaggio che dal cervello parte per giungere ai muscoli arrivi in loco bello che strapazzato: sarebbe come se su un giradischi puntassimo un chiodo mentre ascoltiamo la musica.

Ancora più recentemente, un gruppo di ricercatori universitari ha notato come chi soffre di ticchio sul gioco corto o sul putt tenda ad avere rapidissimi movimenti oculari. Bene: i movimenti troppo veloci degli occhi non trasmetterebbero il giusto messaggio al cervello e quindi interferirebbero con la necessaria coordinazione dei muscoli delle braccia.

Alla luce di questi risultati, questi stessi ricercatori suggeriscono di pattare o di approcciare a occhi chiusi. Succeda quel che succeda, l’unico consiglio che in questo caso mi sento di darvi è di tenere il portafogli a portata di mano. Perché, si sa, la napoletaneità è un invito sì alla pazienza, ma è anche un a grande scuola di vita.

Ps viva Napoli e i napoletani, sempre

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