La vogliamo marcare la palla in green, o no?

È il nuovo fenomeno del momento sui campi dei tour di mezzo mondo: si chiama “backstopping”.

Se ancora non sapete di che diamine si tratta, beh, ve lo spiego io: è la nuova tendenza che hanno i pro di non marcare la propria palla in green prima dell’approccino dell’avversario verso la bandiera.

Lo fanno un sacco di ragazzi là fuori: approcciano nei pressi della buca e, invece di sprintare alla Usain Bolt al fine di marcare la propria pallina e liberare il green, lasciano lì, solida e incustodita, la propria Titleist (o Callaway o Taylormade o quella che volete) magari incautamente a dare una mano al successivo ed eventuale tiro sbilenco dell’avversario di turno.

È già successo. È successo per esempio a Tony Finau che, con un approccio da cartellino rosso dal bunker, ha sbocciato la pallina del suo compagno di tee time rimasta volontariamente incustodita a pochi centimetri dalla buca e si è ritrovato con un insperato par in tasca, invece che con un bogey sicuro.

Ora: non è per dire, ma questo sbocciamento… amico ha significato 100mila dollari in meno per quel giocatore che è arrivato un colpo dietro a Finau alla fine del torneo. Mica noccioline.

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Morale: la sensazione che se ne trae da questa inedita “gentilezza” dell’avversario è che sul Tour non esistano più gli avversari duri e puri di una volta. Anzi.

Voglio dire: è come se i pro là fuori abbiano deciso in silenzio e senza neppure dirselo (sennò sarebbe “imbrogliare”) di darsi una mano l’un con l’altro per quanto possibile, invece di farsi quella sacrosanta guerra in campo che tutti ci aspettiamo di vedere (pur sempre nel rispetto delle regole, ovviamente).

Ora, non so voi, ma io Severiano Ballesteros non ce lo vedo proprio a lasciare lì la sua pallina, a pochi centimetri dalla buca, prima di un approccio di Berhnard Langer o di Sir Nick Faldo: no, ma dico, stiamo scherzando? E non per questo abbiamo mai pensato che Seve potesse essere poco rispettoso del suo avversario o potesse addirittura mancare del giusto grado di sportività: anzi, tutt’altro.

Voglio dire: il backstopping in green è come se Cutrone del Milan andasse a sistemare il ciccio d’erba sotto al pallone prima di un rigore di Icardi, così, tanto per essere gentile nei confronti dell’interista.

Ecco: ce lo vedete voi un gesto simile in un campo di calcio? Bene: nel golf professionistico invece sta accadendo e, sinceramente, non so se tutto questo golf “politicamente” corretto (non so altrimenti come definirlo) sia però quello “sportivamente” più corretto.

Secondo me, no, ma magari sono io che sono una talebana del gioco duro e puro, che non riesce a farsi una ragione di questo edulcorato golf moderno.

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