L’insostenibile leggerezza del marchino

Dimmi come marchi la pallina in green e ti dirò chi sei. Sissignore. perché il modo di segnare la Titleist nei pressi dell’asta non rappresenta solo il nostro punta di partenza verso la buca, ma anche il nostro punto di arrivo morale.

Voglio dire: se non ve ne siete ancora accorti, esiste una stretta correlazione tra il modo in cui la gente posiziona il marchino e il modo in cui si posiziona nei confronti della vita. Tradotto: marchi correttamente con la moneta appoggiata dietro la pallina? Sei una persona ligia e rispettosa che vive entro i limiti che la vita gli pone dinnanzi.

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Marchi di lato? Sei ipermetrope. Più probabilmente, però, sei un furbastro ma un furbastro timoroso: giochi e vivi la tua esistenza sempre in bilico, in un equilibrio precario tra lo sbatterti e lo sbattertene. Vivi senza ordine, andando avanti per tentativi che finiscono per andare così come decidono di andare.

Marchi in avanti? Quell’equilibrio di cui sopra lo hai zompato così di netto che Fiona May levati proprio. Hai deciso che hai voglia di fare solo le cose che hai voglia di fare, ma le fai a modo tuo, infischiandone bellamente dell’universo che ovviamente reputi ruotare intorno a temano fosse un girasole.

Marchi lanciando la moneta e comunque -guarda caso- lo fai lanciandola sempre in avanti (sì, esiste anche questo personaggio qui, raga)? Beh, sei cintura nera di facciadiculo. E hai bisogno di due Gps: uno per l’anima e uno per rintracciare il marchino in caso di lancio da record olimpico.

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In generale, il teorema del marchino insegna che chi marca barando (di lato, davanti, col lancio ecc) lo fa perché è così superficiale da pensare che in fondo il posizionamento della monetina rispetto alla palla sia un aspetto secondario, quasi imponderabile, del gioco del golf.

Ora: etimologicamente parlando, imponderabile è ciò che non ha peso, che è talmente minimo da non poter essere misurato. Eppure, mi chiedo e vi chiedo, quanto peso hanno nelle nostre esistenze tutte quelle cose che non si possono pesare? Quelle che non si possono misurare? Tanto.

Ma -si deve domandare il marcatore di frodo- un centimetro a destra, uno a sinistra, uno in avanti: cosa vuoi che possano rappresentare delle 18 buche? Poco o nulla, si risponde: suvvia, è un aspetto imponderabile del golf e dunque chissenefrega.

E invece quei centimetri di frodo significano molto. Perché quel marchino è lo specchio che senza trucco e senza inganno riflette la morale del golfista: si sa, giocare e vivere onestamente richiedono uno sforzo assai maggiore del semplice fatto di arrangiarsi fregandosene di tutto e di tutti. E’ una disciplina faticosa vivere la vita nel recinto delle regole e in tutta onestà non c’è neppure un premio che ti attende quando hai imparato a gestirti nei confini del lecito.

Fortunatamente, però, l’esperienza insegna che tutto ciò che è imponderabile tutt’a un tratto si manifesta agli uomini solo per schiacciarli sotto quella che diventa una mole insostenibile. E magari si manifesta in quell’improvviso montante destro che un mio amico ha piazzato in faccia al tipo che, nella partitella senza infamia e senza lode, per 8 buche era stato bene attento a marcare la palla sempre e solo avanti verso la buca.

 

 

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