Open Championship, è il campo che detta legge

Da noi fa un caldo boia ma non è che la Scozia stia a guardare: si registrano temperature hot pure lassù da qualche settimana ed è dunque subito delirio sulla strategia da adottare in campo nel prossimo Open Championship di Carnoustie che debutta giovedì.

La domanda chiave che in quel di Angus circola di bocca in taccuino è: driver o driving iron dal tee?

Fairway e green duri come il marmo nel links più temuto della storia stanno infatti producendo più di un interrogativo tra i giocatori e tra i guardoni delle cose del golf: c’è chi si prepara a una mattanza di ferri dal tee e chi, invece, guarda all’erba gialla e secca e si allea fiducioso con il driver.

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Una cosa è certa: un campo dove, vista la durezza delle piste, un tee shot può percorrere più di  400 yards, pone qualche interrogativo in più sulla strategia da adottare.

Diventano infatti più numerosi i bunker potenzialmente in gioco e, nei dogleg, il rough si prepara famelico nei posti più impensati, anche se lo storytelling di Carnoustie ci racconta di un percorso le cui piste sono famose per i rimbalzi fair.

Morale: in un’edizione di Open Championship che ricorda quella bollente del 2006 giocata al Royal Liverpool e vinta da Tiger che nell’occasione estrasse una sola volta il driver dal tee, l’ex numero 1 del mondo appare a molti come il favorito più naturale.

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“Viste le condizioni in cui si trova il percorso –ha tuonato Hank Haney- non c’è nessuno nel field che vanti più esperienza di Woods nella gestione di campi come questo”. E non è dunque un caso se, nei primi giri fotografatissimi e seguitissimi giocati in compagnia di Justin Thomas, Tiger abbia più volte estratto dalla sacca un nuovo prototipo di ferro 2 messo a disposizione dal suo sponsor tecnico.

Stesso discorso per il bomber Dustin Johnson, numero 1 del mondo, che a oggi pare preferire l’accuratezza del tee shot più che la potenza: occhio comunque a DJ che dal 2011 al 2017 vanta nell’Open Championship uno score totale di meno 40, con un impressionante meno 18 nelle domeniche finali.

Diametralmente opposta la strategia di Jon Rahmbo Rahm, il numero 5 del World Ranking, che, come suo solito, non esiterà a sganciare a manetta il driver: “Il campo è duro –ha sottolineato lo spagnolo- e lo è pure il rough, dove l’erba alta non è così avvolgente come negli anni passati. È seccata vista la mancanza di pioggia e, siccome per far ricrescere la festuca ci vogliono molto tempo e molta acqua, non credo che nei prossimi giorni il rough possa diventare diverso da quello che abbiamo visto nell’allenamento. Per cui tirerò il driver dovunque sarà possibile, e lo farò soprattutto alla 18”.

Meno esposto Rory McRory, giunto a Carnoustie lunedì pomeriggio dopo le fatiche del tifo all’interno del Royal Box di Wimbledon: “Negli ultimi major –ha spiegato il ricciolone- mi sono messo troppa pressione addosso. Questa volta voglio affrontare l’Open Championship come fosse un torneo normale”.

Non sono però normali gli score con cui atterra sui links il nostro Chiccuzzo Molinari: con un win e un secondo posto (domenica scorsa) negli ultimi due appuntamenti sul Pga Tour, l’azzurro piomba su Carnoustie con un totale di meno 78 negli ultimi 16 round disputati, ad eccezione di quelli dei due major fin qui giocati.

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Un po’ di relax e allenamento sul green con i suoi guru Dave Alred e Phil Kenyon e Francesco è pronto per il suo tee time di giovedì con Justin Thomas e Branden Grace, in un’edizione di Open Championship (la 147sima) che, di riffa o di raffa, lo vede tra i protagonisti più attesi, non fosse altro per il quarto posto nella Race to Dubai e la vittoria nel BMW Pga Championship di Wentworth.

Rimanesse così il percorso, duro e ostico nei rimbalzi tanto da costringere i giocatori a usare il righello dal tee per evitare bunker e rough indesiderati, Chiccuzzo, con le sue traiettorie pulite da tee a green, potrebbe dire davvero la sua: incrociare le dita da casa, in fondo, non costa nulla.

 

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