Paratore: sono un work in progress, ma che progress!

“Se all’inizio del 2019 – racconta un puntualissimo Renato Paratore al telefono da Mauritius- avessi detto che quell’88° posizione nella Race to Dubai che poi a fine anno ho ottenuto sarebbe stata un ottimo traguardo, beh, avrei mentito. Però, c’è un però…”

Il però a cui si riferisce il 22enne romano è l’andamento del suo golf, che da lento anzi, molto lento, che è stato all’inizio dell’anno, si è poi, piano piano ma in continuità, trasformato in qualcos’altro.

“A partire dallo Scottish Open, quindi da luglio –spiega Paratore- ho finalmente ricominciato ad avere belle sensazioni sul gioco, soprattutto da tee a green e infatti…”

E infatti dalla Scozia, Renato ha giocato 13 tornei e ha mancato il taglio solo in 2 occasioni: “Per il resto, ho avuto parecchi top 20 e top 30, risultati che mi stanno a indicare che la strada che ho intrapreso finalmente mi sta portando avanti”.

Avanti, dove?

“Beh, il mio obiettivo è entrare nei top 10 del Word Ranking: ho talento, lunghezza, buone qualità. Adesso mi serve più esperienza e soprattutto mi serve vedere arrivare dei risultati soddisfacenti”.

Renato Paratore

E quelli stanno finalmente comparendo negli ultimi leaderboard dell’European Tour, dopo quasi 2 anni trascorsi alla ricerca di buone sensazioni, come le chiama lui: “Sì, è vero, nel 2017 ho vinto il Nordea Masters, ma subito dopo ho iniziato a giocare male e siccome sono curioso, molto curioso, ho cercato di capire perché. Mi sono rivolto a Pete Cowan a fine 2017/ inizio 2018, e sono andato avanti con lui fino all’Open d’Italia dell’anno scorso, ma le cose continuavano a non funzionare. A volte coi coach succede: capita che non riescano a trasmetterti le giuste sensazioni. Non volevo cambiare swing, sia chiaro, ma volevo solo ritrovare il bel gioco che sembrava sparito”.

E nel frattempo stavi anche maturando un fisico diverso…

“Esatto. Avevo svolto un grande lavoro in palestra con Massimo Bramanti e ovviamente molti punti di riferimento dello swing erano cambiati. Insomma, in quei mesi era tutto molto complicato. Però…

Però?

“Beh, se non avessi fatto quel lavoro in palestra, oggi non potrei fare lo swing che sto facendo e che di nuovo sta funzionando. Lavoro con Alberto Binaghi da un anno ormai, e con lui siamo tornati alle basi del mio movimento, senza mai rinunciare al mio draw amatissimo: non è stato facile, ma ci siamo riusciti e le sensazioni sono finalmente positive. Le statistiche me lo confermano: ci sono stati parecchi tornei ultimamente nei quali sono stato nei top 10 da tee a green, poi magari è mancato il putt che non mi ha fatto guadagnare nulla, ma si sa: il golf è un gioco di decine di tasselli che si devono incastrare tra loro”.

Paratore con Binaghi

E ora che si fa?

“E ora si continua a lavorare. Sono un work in progress e so che fortunatamente non sono ancora al culmine della mia carriera. D’altronde ho solo 22 anni e dunque mi dico: meno male che ho tutti questi margini di miglioramento”.

Ti senti diverso rispetto ai tuoi coetanei?

“Beh, è logico. Mi sembra di aver vissuto un milione di vite in più, ma la verità è che ho sempre voluto passare professionista a 18 anni e alla fine questi 4 anni sul Tour sono stati importantissimi: ho guadagnato in esperienza e soprattutto nella capacità di gestirmi dentro e fuori dal campo”.

Quali sono i tuoi target per la nuova stagione che è appena iniziata?

“Fisicamente, grazie a Filippo Zucchetti con cui lavoro da giugno, voglio aumentare la forza della parte superiore del corpo, per avere più massa e forza esplosiva. Mentalmente, ho bisogno di fare come Tiger: di restare sempre focalizzato sul presente. Colpo dopo colpo, torneo dopo torneo, dimenticandomi di tutto il resto. Non è facile, però ci devo riuscire

Nel frattempo, però, Renato deve focalizzarsi sulla sacca da golf, che, dal Sudafrica, dall’ottimo Dunhill Championship dove ha chiuso 19°, è arrivata a Mauritius solo mercoledì sera, senza permettergli di provare il percorso per l’Afrasia, il torneo che deve affrontare.

“Sai che c’è? Che in tutto questo casino, manco mi ricordo come si chiama il campo”.

E che dire? Che la bellezza e il genio di Paratore stanno proprio in queste sue apparenti dimenticanze. Che poi sono la sua fortuna: come sosteneva Totò, la felicità non è altro che un meraviglioso attimo di dimenticanza. 

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