Ritorno alle origini

Durante un recente viaggio in Islanda, mi sono imbattuta in numerosi campi di golf. In alcuni, in quelli che mi parevano più scenografici, mi sono anche fermata a gettare un occhio e a tirare qualche colpo. Di uno di questi club dal nome impronunciabile, nella sperduta Islanda del nord, ho pubblicato online la foto dello score: per ogni buca vi erano segnate le distanze dai canonici tee gialli e rossi, e pure da quelli ben più corti destinati agli under 10.

Tutto sommato, mi era sembrata un’ottima idea, anzi, un segnale di profondo rispetto sia nei confronti del gioco, sia verso quei bambini che al golf si approcciano con così tanta fatica.

Non tutti, però, tra i follower di questa pagina Fb, si sono dimostrati d’accordo: alcuni, anzi, impauriti dalla possibilità di vedersi scippati i premietti della domenica, sono parsi scocciati dall’enorme vantaggio concesso ai piccoli swingatori.

Bene: proprio a questi golfisti desidero rivolgermi oggi, cominciando a ricordar loro le cifre legate al tesseramento degli juniores (non parlo di quello degli under 12): in Italia, a giugno, erano meno di 6.000 i giocatori con meno di 18 anni. E ancora, come se non bastasse: al 30 giugno di quest’anno, il numero dei Brevetti è precipitato dai 795 del 2017 ai 364 del 2018, marcando così un crollo di oltre il 50%; quello dei BG, invece, è sceso dai 199 del 2017, ai 156 del 2018.

Come si spiegano certi cali? Semplice: da parte federale vi è un inasprimento –a mio avviso inspiegabile visto che il B non costa praticamente nulla alla FIG- dei parametri per l’ottenimento del Brevetto; dall’altra, vi è un disamoramento dei ragazzi nei confronti delle gare dell’attività giovanile, il cui costo per molte famiglie è diventato insostenibile.

Con queste cifre alla mano, il ricambio generazionale nei nostri golf club e quindi il futuro della nostra stessa disciplina mi paiono a rischio. Ma non solo: mi sembrerebbe anche doveroso un ragionamento di ampio respiro che coinvolga all’unisono Federazione e club circa quanto si possa e si debba fare per far sì che questi numeri non restino vergognosamente stagnanti.

Ma c’è un problema in più. E questa volta non è legato alla matematica o alle percentuali, ma alla nostra (bassa) cultura sportiva. In questo nostro golf che sa ogni giorno di più di naftalina, troppo spesso si resta incollati con lo sguardo alle coppette da arraffare nel weekend, perdendo di vista quello che il vero spirito del gioco, che, ricordiamolo, per la sua straordinaria natura, è uno sport che sa unire e aggregare, più che dividere.

Il golf, se ve lo siete scordato, è la sola disciplina al mondo in cui entrambi i sessi e tutte le età possono gareggiare alla pari grazie all’handicap e ai diversi tee. In definitiva, è un gioco condivisibile e, soprattutto, per tutta la famiglia: un gioco nel quale il nipotino può divertirsi a competere con la nonna e il figlio con il padre.

In questo senso, appare illuminante l’evento Women versus Men del 21 settembre al Golf della Montecchia: pro e proette giocheranno uno contro l’altro, in match play tirati, ma da tee diversi. Com’è giusto che sia. Perché il golf, a differenza di tanti golfisti, ha questo di bello: riconosce le diversità e le sa valorizzare.

 

(da Golf & Turismo, agosto 2018)

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