Se la rissa raggiunge il green

Se anche il mondo puro e immacolato del green professionistico comincia a sporcarsi le mani in risse virtuali via social, allora significa che è vero: la rete è l’arma di distruzione dell’educazione di massa più micidiale che esista sulla faccia della terra.

La cronaca dei fatti è la seguente: dopo essersi scambiati tweet e controtweet al vetriolo per ore, Brandel Chamblee, analista televisivo di punta di Golf Channel, come un wrestler navigato della rete, ha sferrato il colpo del ko definitivo al pro del Pga Tour Jason Dufner, bloccandogli, senza troppi fronzoli, l’accesso al suo account di Twitter.

Ora: per chi fosse a digiuno di manierismi 3.0, oggi bloccare un utente equivale all’antico e mai superato sfanculamento, con la differenza sostanziale però che non è più una cosa rude tra me e te, ma, pur restando rude, è una cosa tra me, te e il mondo intero nella sua qualità di voyeur più bieco.

All’origine della disputa, una scaramuccia: qualche commento di troppo da parte di Chamblee circa Chuck Cook, lo storico coach di Jason, che il campione americano evidentemente non ha gradito per niente.

Insomma, per noi italiani abituati a darci del cornuto per un fallo non concesso o per un rigore negato, è robetta di poco conto, ma, nell’escalation di violenza verbale che contraddistingue l’animo social, tra i due golfisti si è arrivati fino agli insulti con la “F” maiuscola. Il tutto, sotto la lente d’ingrandimento di migliaia e migliaia di followers.

Ora: che un tipino fino e mite come Jason perda le staffe in questo modo, è già di per sé una notizia, ma che la vicenda coinvolga non uno, ma ben due golfisti (Chamblee è un ex giocatore Pga), lo è ancora di più.

Per secoli abituati a un savoir faire sportivo inusitato e a comportamenti in campo da Downtown Abbey, noi golfisti non abbiamo mai assistito a una rissa alla Sgarbi tra professionisti. Cresciuti nel mito di Nicklaus che concedeva alla 18 un putt decisivo per la Ryder (contro Tony Jacklin nel 1969 NdR) e avvezzi a giocatori che in campo si complimentano a vicenda, si resta quanto meno perplessi quando si scopre che pure i campioni di golf nel loro piccolo si gonfiano di rabbia come un’emoticon di whatsapp. Ma, la verità è una ed è che il fattaccio altro non fa che confermare una teoria: che tutti -golfisti e non-  siamo diventati piccoli atomi di rancore pronti a esplodere per un like di troppo o per una condivisione mancata, e che, a furia di essere social nella rete, siamo diventati asociali nella vita reale.

Eppure, raga, ogni tanto, concedere il passo (alle inca@@ature) non sarebbe poi tanto male. Ops, scusate: dimenticavo che noi swingatori non concediamo più il passo nemmeno in campo…

 

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