Se ti piacciono le bionde ma stai con una mora, a golf vinci. Parola di Paratore

Nella vita tutti ti ripetono all’infinito che l’importante è restare fedeli a se stessi. Anzi, di più: “rimani attaccato a ciò che sei veramente” è il mantra che, se ha reso milionari certi guru di fama mondiale, ha creato però milioni di infelici nel mondo.

La vita, piuttosto, è evoluzione, cambiamento e, soprattutto, adattamento.

Lo sanno benissimo i golfisti, o, per lo meno, certi ottimi golfisti. Soprattutto lo sanno benissimo quelli che in questi giorni sono a Crans Montana per il torneo dell’Omega European Masters.

Qui, tra questi esseri umani dotati di swing che camminano lungo fairway ondulati e su green così “sloppati” che tenere la palla in bandiera pare l’impresa della giornata, il mantra che va per la maggiore è “gioca con quello che c’hai in sacca”. Che non significa giocare con i 14 bastoni che ti porti appresso, ma adattarti a quello che lo swing ti concede con grazia nella giornata.

In sostanza, l’accontentarsi di quello che esce dalla faccia del tuo bastone e gestirne l’esito pare essere il segreto dei segreti del buon golf.

“Guarda, io nasco come un giocatore di draw –mi racconta un Renatino Paratore il cui fisico appare irrobustito dalle ore di palestra – far girare la palla da destra a sinistra mi è naturale come arrotare gli spaghetti alla forchetta. Ma, se hai fatto caso, negli ultimi due anni i miei drive sono stati più in fade che in draw, perché la palla mi usciva così. E con quelli ho giocato. Ho accettato questo fade innaturale, anzi, di più, mi sono adattato, perché nei momenti di transizione un golfista deve essere capace di fare score con quello che ha a disposizione e non con quello che vorrebbe avere”.

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Renato Paratore all’Omega European Masters

Eppure, aggiungo io, adattarsi, accettare e accontentarsi di ciò che si ha tra le mani è un esercizio di spirito totalmente contrario all’animo umano, che purtroppo per sua natura invece desidera sempre ciò che non ha: abbiamo le stelle, ma vogliamo i soldi; abbiamo ciò che ci fa stare bene, ma inseguiamo ciò che ci uccide; abbiamo il fade e bramiamo il draw. Così va la vita per noi comuni mortali, ma evidentemente non va così per i talenti del Tour, che, beati loro, di necessità sanno fare virtù in campo.

Prendiamo Andrea Pavan, che dieci giorni fa ha vinto il suo primo torneo sul circuito europeo a Praga. Ecco, prendiamo Andrea, che mi confida che il segreto dietro quel successo sta nell’aver saputo arrendersi al fatto di non poter sempre ambire al colpo perfetto: “Il mio coach di Dallas, Corey Lundgren, mi ha insegnato a giocare con quello che ho a disposizione in quel giorno. A non intestardirmi a forzare dei colpi se non li sento, ma, piuttosto, a tenere la palla in gioco anche quando non sono in possesso del mio swing migliore”.

Che poi, “suvvia –aggiunge Renato Paratore- è come dire: mi piacciono le bionde, ma sto con una mora”. Che, in effetti, a spiegarlo così, non pare poi così difficile. Eppure….

Ps per chi fosse interessato a migliorare la propria capacità di adattamento (golfistico e non), consiglio il libro di Timothy Gallwey: The Inner Game of Golf (il Gioco Interiore del Golf). Raga, potrebbe rivelarsi un’illuminazione. Parola di golfista.

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