Voglio un’anca come quella di Jack Nicklaus

Secondo una lunga tradizione filosofica, la vita fa schifo. Più nel dettaglio, per i golfisti la vita fa schifo soprattutto quando s’infortunano.

In tutta onestà, i guai fisici immergono qualsiasi atleta in uno stato di prostrazione tale che nemmeno quando sei al distributore automatico sulla tangenziale in piena notte con un solo pezzo da 10 euri tra le mani e la macchinetta te lo risputa fuori disgustata. Ecco come si sta.

E dunque ultimamente la vita sul Tour deve essersi fatta particolarmente schifosa, se è vero che il tema “infortuni” è praticamente all’ordine del giorno.

Jimbo Furyk, Ian Neuro Poulter, Patrizio Perez, Giasone Day, Giustino Rose, Michelle Wie: sono solo alcuni dei grandi campioni che recentemente hanno avuto guai fisici così seri da essere costretti a un lungo periodo d’inattività e di riposo forzato. Per non parlare poi di quel caso da manuale che è Tiger Woods, il quale, annegato nell’ansia da perfezionismo fisico, non ha fatto altro che continuare a farsi compulsivamente del male alla schiena, procrastinando in questo modo all’infinito il suo ritorno all’attività agonistica.

Comunque Tiger o non Tiger, è indubbio che il tema infortuni sia d’attualità se anche gente come Gary Player o Brandel Chamblee ha recentemente voluto esternare la propria opinione.

Per il sudafricano, l’aumento dei problemi fisici sul circuito pro sta tutto nei nuovi bastoni. Avendo degli sweet spot ampi come la steppa siberiana e dunque perdonando a mo’ di sacrestano l’errore eventuale del giocatore, i nuovi ferri e i nuovi driver invoglierebbero i grandi campioni a menare alla palla come se non ci fosse un domani. Dall’attitudine da maniscalco ai guai fisici, secondo il Gary, il passo sarebbe breve (ma doloroso).

Più arzigogolata l’opinione di Chamblee: secondo l’analista di punta della CBS, l’origine dei problemi starebbe nello swing moderno. Il gap esagerato che, al fine di generare maggior potenza, sul Tour si cerca di ottenere tra la rotazione dei fianchi e quella della parte superiore del corpo nell’arco del backswing sarebbe infatti la madre di ogni malanno.

Peccato però che la tesi di Chamblee venga smentita puntualmente dai numeri dell’oracolo del Trackman che hanno scoperto che non esiste correlazione tra la resistenza dei fianchi in salita e la velocità della testa del bastone all’impatto.

Anzi.

Secondo Cristiano Cambi, fisioterapista e biomeccanico specializzato nel golf, “infatti, oggi lo swing moderno prevede che il bacino si muova, non che resti immobile. Lo stesso Tiger sta lavorando su quest’aspetto”.

E allora come si spiegano tutti questi infortuni?

“Dipendono semplicemente da una mancata sinergia nei muscoli della catena diagonale crociata posteriore”.

Scusi?

“E’ un insieme di muscoli collegati tra loro che devono essere ben calibrati. Partono dal piede sinistro e arrivano al polso destro, passando attraverso il bacino e la schiena. Se la catena è corta, nel backswing non ci sono problemi, mentre nel downswing iniziano i guai. È come avere un bel vestito addosso che però dietro è troppo stretto: se mi piego in avanti, si scuce e si rompe da qualche parte. E così succede nello swing”.

E allora come si fa?

“Per prevenire gli infortuni si deve lavorare in palestra non solo sulla resistenza, ma anche sulla mobilità”.

Tra tante opinioni diverse sullo stesso tema, dal mio punto di vista la Bibbia resta Jack Nicklaus, che una volta disse: “un buon giocatore di golf si fa male alle anche, non alla schiena”. E lui infatti le anche se le è rifatte in tandem.

Per cui, raga, se avvertite dolori alla testa del femore, tranquilli: la buona notizia, che poi è l’unica che conta, è che fate parte del cerchio ristretto dei grandi swingatori. Doppio wow: adesso, sorridenti, potete chiamare il chirurgo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *