Il golf che verrà

Si dice che i golfisti siano come gli innamorati: sbagliano continuamente, ma non imparano mai. Beh, in futuro le cose potrebbero andare molto diversamente.

Voglio dire: la tecnologia, quel mostro di algoritmi velocissimi capaci di deridere la lentezza del pensiero umano, troverà il modo di venire in soccorso di noi neurogolfisti del week end.

Anzi, a dirla tutta, in parte lo sta già facendo, permettendoci di giocare con un’attrezzatura che ogni giorno di più sa perdonare i nostri errori dal tee come neppure Madre Teresa avrebbe potuto. E ancora: grazie alle nano tecnologie, in futuro non è detto che non potremo sparare tee shot devastanti in lunghezza, grazie a shaft ultramoderni arricchiti con siringate di piastrine di gorilla.

Ma non solo: potremo disporre in campo e in tempo reale di ologrammi dei nostri swing sbilenchi, che ci permetteranno di analizzare le decine di errori che, pur in un tragitto così breve come quello dalla pallina all’apice del backswing sino al finish, commettiamo sistematicamente e pure con dovizia di spunti interessanti. E che dire poi delle palline del futuro, quelle che, grazie a GPS invisibili inseriti nel core più profondo, si faranno trovare anche nella natura della Barbagia più selvaggia?

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Insomma, se un tempo Einstein sosteneva “il futuro non mi piace, arriva troppo presto”, beh, oggi permettetemi di dissentire con il buon Albert. Tutto è relativo, mi verrebbe da pensare, perché, se la tecnologia per molti è e sarà dannosa, per noi neurogolfisti pare invece un green paradisiaco dove ogni putt sarà capace di entrare in buca.

Eppure, qualcosa di assolutamente sinistro in questo spizzico di ventunesimo secolo c’è: con la tecnologia capace di marcare ogni giorno passi da gigante, con software sempre più indipendenti dalla mano umana e con l’intelligenza artificiale che cresce al ritmo del Pil cinese, la società dei robot è ormai dietro l’angolo, pronta a prendere le redini del potere.

Il futuro degli esseri umani pare insomma essere quello in cui macchine autosufficienti cancelleranno in un battito di ciglia milioni di posti di lavoro.

Per dire, “il giorno in cui l’auto senza guidatore sarà su strada, 4 milioni di americani perderanno la loro occupazione”: lo ha dichiarato a Roma l’ex presidente statunitense Obama e lo ha confermato qualche giorno dopo lo stesso Trump, segnando di fatto un momento straordinario nella storia recentissima, quello in cui Barack e Donald sono stati d’accordo su qualcosa.

Insomma: ciò che la politica divide, la tecnologia pare unire. Soprattutto quando tutti, democratici o repubblicani, temono che uno dei presidenti degli States del futuro possa essere niente popò di meno che una “semplice” intelligenza artificiale.

La sfida, dunque, che attende le giovani generazioni è riuscire a trovare un ingarbugliato equilibrio tra le macchine e gli esseri umani: così come appare oggi, il futuro è quello caratterizzato dalla disoccupazione totale, sia che tu sia un banale guidatore di autobus, sia che tu sia il presidente americano.

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In questo scenario di una società senza lavoro, il tema del tempo libero sarà preponderante. Anzi, il tempo libero, in passato dedicato agli hobbies e alla passioni, nel futuro prossimo si tradurrà nella principale occupazione umana, costringendoci a un veloce e necessario riassetto della nostra identità di individuo.

Insomma, “cosa fare” sarà la domanda del secolo e, tutto sommato, a noi neuroswingatori del week end, giocare a golf pare una risposta sensata sia oggi, sia in futuro.

In fondo, lo stesso Arthur Clarke, l’autore di “The Sentinel”, sosteneva in tempi non sospetti che l’avvento delle macchine ci avrebbe permesso finalmente di divertirci e, in effetti, per noi smazzatori seriali non esiste nulla di più appagante e liberatorio di 18 buche in totale libertà.

In definitiva, per noi malati di “golfite”, la sfida del futuro non sarà tanto rappresentata dal “cosa fare”, quanto piuttosto dal “come farlo meglio”, visti i modesti risultati golfistici a cui siamo abituati da tempi immemori. Ma anche in questo caso, la risposta ai nostri dubbi potrebbe arrivare direttamente dalla tecnologia: la Neuralink di Elon Musk, Mr. Tesla per intenderci, sta infatti studiando dispositivi da impiantare nel cervello umano capaci di aumentare le prestazioni delle nostre capacità cognitive. Da lì a ipotizzare microchip in grado di farci swingare con la tecnica sopraffina di Dustin Johnson, Jordan Spieth, Jason Day o Rory McIlroy, il passo, pardòn, l’algoritmo, è breve.

Morale: la tecnologia del futuro permetterà a noi neuroswingatori del week end di sprigionare quel talento golfistico di cui Madre Natura non ci ha voluto dotare; resta ancora da capire, invece, se saprà dotarci del talento di essere felici. Ma, ahimè, questa è tutta un’altra storia.

 

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