Il golf cambia, lo dicono R&A e USGA

Nonostante le temperature da piumone non mollino la presa, in ogni casa che si rispetti, scattano a maggio le pulizie di primavera.

Nella casa del golf, anche l’USGA e la R&A non sono volute risparmiarsi la Grande Rottura Di Balle Stagionale e, ramazza in mano, paiono due casalinghe disperate che mettono ordine negli armadi casa. Vale a dire nelle polverose stanze del golf mondiale.

Si è iniziato tempo fa con il “liberi tutti” circa i bermuda dei professionisti nei giri di prova; quindi un paio di mesetti dopo si è continuato con l’annuncio della modifica di alcune regole che entreranno in prova già a gennaio 2018. E fin qui, tutto ok. Ma non era ancora abbastanza: c’è voluto il casino scoppiato a Lexi Thompson nel corso dell’ultimo giro del primo major stagionale femminile per fare entrare in crisi la giocatrice, il risultato finale del torneo e il sistema dell’ “aiutino telefonico da casa”, una cosa che aveva inventato Raffaella Carrà ai suoi tempi e che solo la vetusta Rai continua a propinare al grande pubblico, vista l’ignoranza dei partecipanti ai quiz televisivi.

Insomma, quella telefonatina dello spettatore sbragato sul divano sfondato di casa intento a ingozzarsi di chips and bacon ha di fatto stravolto il torneo, consegnando a Lexi 4 colpi di penalità, nonché un fiume di lacrime e di polemiche.

Morale: USGA E R&A, nella loro infinita saggezza, hanno deciso di comune accordo, di non accettare più telefonate che evidenzino scorrettezze impossibili a verificarsi con il solo occhio umano.

Il golf è un gioco di onestà reciproca basato tra il giocatore, il marcatore e l’arbitro: se viene a mancare questa traingolazione, lo spirito del gioco lo potete già trovare ai saldi da Sacks sulla Quinta Av (per altro, sono iniziati ieri, ndr).

Infine, in preda alla perversa mania di pulizia che attacca ogni casalinga disperata nei week end di cambio stagione, R&A e USGA hanno deciso di mettere mano anche a quei tomi di analisi quantitativa geometrica che i pro infilano nella tasca dei pantaloni e che, inevitabilmente, quando in green tocca a loro pattare, estraggono per una ventina di minuti con fare sapiente per scorgervi il vaticinio algebrico sulla pendenza da seguire fino alla buca. Almeno noi somari a scuola, ce la sbrigavamo rapidi con una sfogliatina al Bignami: lì sul green, invece trattasi di traduzione da Rocci – e chi ha fatto il greco, sa a cosa mi riferisco.

Mistero. Io non so niente di matematica, tanto meno di putt, ma so che quando un principio è forte e imperativo, tutto ciò che si fa per giustificarlo o razionalizzarlo, alla fine lo rende più debole.

In questo caso il principio è lo stesso che all’inizio del 1900 il piccolo caddie Eddie Lovery suggerì in green su un putt decisivo a Francis Ouimet: “See it. Roll it. Hole It.”: guardalo, fallo scorrere e imbucalo.

Il consiglio valse a Ouimet, primo caddie e amateur a riuscirci, il titolo di US Open Champion nel lontano 1913. Da allora sono cambiati i bastoni, le palline, gli shaft, i fisici dei giocatori; sono aumentati a dismisura le informazioni e i dubbi, ma non è cambiata la mente del campione: mira e tira, ci si dice tra i grandissimi. E tanto deve bastare: il golf resta e deve restare un gioco di abilità umana, più che un esercizio di trigonometria applicata alla neuroscienza. E se non basta, un’oretta in più in putting green non ha mai ammazzato nessuno

Comments

1 Comment
  1. posted by
    Mike
    May 3, 2017 Reply

    Nelle tue ultime righe ci stanno scritte un sacco di verità. È così triste vedere alle garette domenicali sti golfisti in green avanti indietro per leggere delle pendenze che manco ad Augusta all’ultimo giro ci mettono così tanto tempo.

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