Andrea Pirlo: il calcio è più facile del golf

Da quando ha smesso col calcio, è tornato a vivere a Torino, in collina, ma in centro città Andrea Pirlo non va mai: sarebbe impossibile camminare in tutta tranquillità per uno come lui. Uno che, con la sua regia a centrocampo e con la “maledetta” da bordo area, ha fatto conquistare alla Juve quattro scudetti, una Coppa Italia e due Supercoppe italiane, e alla nazionale azzurra il Mondiale di Germania 2006.

Selfie, pacche sulle spalle, battute e saluti: manco fosse la socialite Kim Kardashian, a ogni passo Andrea Pirlo è costretto a una sosta; a ogni metro, a mettersi in posa per una foto ricordo. E lui lo fa, con tutti. Senza mai scomporsi, senza mai un gesto di stizza. E senza mai sorridere. Esattamente come faceva nel rettangolo da novanta metri che lo ha consacrato tra i migliori di sempre del calcio mondiale.

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“Per questo motivo gioco a golf – spiega mentre è sui fairway di Villa Carolina – cerco sempre di andare in posti dove non ci sia casino. Vivo così. E il golf è diventato il mio luogo privato, un angolo di mondo dove nessuno mi ferma. Ma, allo stesso tempo, ho imparato quanto possa essere aggregante questo sport: negli anni che ho vissuto a New York, grazie al golf ho conosciuto un sacco di gente interessante”.

E con i colleghi del calcio, gioca mai?

“Sì, spesso con Pavel Nedved. Ma lui è forte, si allena tantissimo e poi vive all’interno di un golf club. Però qualche volta lo frego, perché la cosa divertente è che quando giochiamo tra noi calciatori, sul green abbiamo la stessa rogna, lo stesso senso di competizione che avevamo in area, manco fosse una finale di Champions”.

Dunque se la cava anche coi bastoni, non solo coi piedi…

“Mah… A dire il vero, per me il calcio è molto più facile del golf. Io sono nato per fare quello, mi è sempre venuto naturale. E anche adesso, quando colpisco dei ferri storti, penso che se tirassi la pallina coi piedi e non col bastone, probabilmente la metterei più vicino alla bandiera. Però, poi, quando scaldo lo swing, divento devastante (ride NdR…)”.

Insomma, il golf le mette un pizzico di tensione…

“Guardi, è una cosa davvero strana, questa: non ho mai avuto tensione giocando a pallone e invece la sento quando swingo. Soprattutto quando sono alla buca 1, quando c’è gente che guarda. Assurdo, no? Soprattutto perché sono uno che ha giocato a calcio davanti a milioni di persone. Però è così: non c’è niente da fare”.

Ma come? Uno come lei che è il maestro della balistica, con la sua famosa maledetta…

“Ah, la maledetta! Adesso non è più un gran colpo. Ogni drive e ogni ferro che tiro e che non vanno più a infilarsi dove dovrebbero, sono diventati la mia nuova maledetta!”.

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Beh, allora, io comincerei a pulire le facce dei ferri: le sue sono incrostate di terra…

“Sì, è vero. Ma io vengo da un mondo, quello del calcio, dove chi sa, sa e chi sa, fa. Vengo da un gioco dove se il pallone è sporco, non è importante. A calcio si gioca anche a piedi nudi. Per cui, se i bastoni sono sporchi, amen, non me ne preoccupo più di tanto”.

 Ha ragione: questo che mi descrive è un aspetto meraviglioso del calcio. Ma c’è invece qualcosa del golf che porterebbe nel football?

“Il rispetto che si percepisce tra i giocatori. L’educazione che esiste nei confronti degli avversari: in campo c’è competizione, per carità, ma sempre nel pieno riguardo degli altri concorrenti. Ecco: mi piacerebbe vedere questa qualità tipica del golf anche nei campi di calcio”.

E allora non posso non chiederle: c’è qualche pro del Tour che le ricorda Andrea Pirlo?

“Mi piace Justin Thomas, per la lucidità del suo gioco. Certo, è difficile dire se mi somiglia: calcio e golf sono due sport così diversi…”.

Però una cosa hanno in comune: la necessità di pensare mentre si gioca…

“Oh sì. Per quanto riguarda me, non posso giocare a calcio senza ragionare, così come non posso fare uno swing, senza prima pensarci. Penso sempre: fai così, fai colà, tira lì. Impossibile fermare il flusso dei pensieri. Il mio calcio è 50% tecnico, 50% mentale e direi che anche nel golf le percentuali sono simili”.

Sulla sua tecnica calcistica, niente da dire: lei è il maestro. E invece, su quella golfistica, da chi si fa aiutare?

“Mai avuto un maestro. Sono un po’ come Bubba: un autodidatta. La sera su Youtube guardavo i video dei campioni e li imitavo, riprovavo a casa quello che vedevo online. Però se adesso per caso nota qualcosa che non va nel mio swing, me lo dica pure, eh…”.

Ok: mira troppo a destra…

“Allora è per questo motivo che spesso faccio gancio?”.

Anche, sì…

“Bene. Lo vede il mio compagno, che ha tirato un po’ a sinistra del green? Ecco io posso fare meglio. Stia a vedere”.

E niente, l’attitudine giusta è un eterno marchio di fabbrica nel dna del campione. Poco importa che Pirlo sia a in campo a San Siro, o in fairway a Villa Carolina: dove è, è, lui vuole fare meglio.

(Da Golf & Turismo, ottobre 2018)

 

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