Cambiano le regole dell’amateur status

La notizia clamorosa è planata attraverso le agenzie lunedì sera: R&A e USGA, i due governing bodies del golf mondiale, quelli che in sostanza dettano le regole del gioco, stanno appropinquandosi a decidere di stravolgere lo storico “Amateur Status”.

Come? Dal 1° gennaio 2022 i dilettanti potrebbero essere liberi di ricevere sponsorizzazioni in denaro, potendo beneficiare senza limiti del loro nome e della loro immagine.

Uniche clausole: 1) i dilettanti di cui sopra non potranno essere pagati per dare lezioni; 2) la cifra massima che potranno ottenere in caso di vincita all’interno di un torneo professionistico è di 750 dollari; 3) non potranno accettare l’impiego come club professional.

Bobby Jones

Detto questo, a oggi il resto pare un “liberi tutti” che sa letteralmente di Far West in campo pratica. Perché se da una parte è chiaro che nel 2021 sono lontani anni luce i tempi del grande Bobby Jones che per tutta la sua vita rifiutò il passaggio al professionismo ribadendo che la parola “amateur”, derivando dalla parola latina “amor”, non faceva altro che evidenziare il fatto che si dovesse giocare per l’amore verso il gioco e per null’altro, dall’altra è meno chiaro ciò che potrà accadere a partire dal 1° gennaio 2022. E in questo panorama a oggi così poco nitido e ancora poco regolamentato è davvero molto complicato capire se un passo del genere possa rappresentare un bene o un male per il golf in generale, ma soprattutto per le fasce più giovani dei giocatori.

“Certamente si tratterà di un’opportunità in più a livello individuale –sottolinea Maria Paola Casati, coach de La Montecchia- ma si tratta comunque di qualcosa che dovrà essere regolamentato più in profondità, stabilendo innanzi tutto un limite di età, e magari associandolo a una borsa di studio. La bussola deve restare il bene del ragazzo: si tratta di creare un qualcosa che sia un’opportunità di crescita e non un boomerang per il giovane”.

“Non oso immaginare cosa accadrà in Italia soprattutto tra i genitori – chiosa Giovanni Magni, allenatore della nazionale maschile- ma anche tra i più giovani, che psicologicamente non sono ancora strutturati a subire una pressione del genere, con i soldi in ballo”.

Della stesso parere Giovanni Dassù, coach de Le Fonti specializzato in giovani golfisti: “A dirla tutta, per quanto riguarda l’Italia, dove la figura del genitore in campo pratica spesso è ingombrante e inopportuna, riesco a immaginare solo ripercussioni negative, anche se per gli atleti la possibilità di una sponsorizzazione potrebbe rappresentare un lato motivazionale importante”.

Fin qui i coach. E gli atleti? Ne abbiamo sentiti due davvero di peso: il giovane amateur azzurro Kevin Latchayya, oggi negli States con una borsa di studio per il golf, e Matteo Manassero, un campionissimo che sa bene cosa significhino i contratti pubblicitari firmati in giovane età.

Kevin Latchayya

Kevin Latchayya: “Secondo me questa nuova possibilità aiuta a livello economico tutte le famiglie e incentiva i ragazzi a giocare meglio, a cercare di progredire. Vedo solo lati positivi, anche se so che ce ne saranno alcuni di negativi, ma che saranno per lo più dati da fattori esterni. E so anche che molti genitori saranno ossessionati dai soldi. Per questo motivo, spero che riguardi gli atleti a partire dai 18/20 anni, che sono già strutturati psicologicamente. Però trovo meraviglioso che si dia la possibilità di sostenere il costo di gare e tornei a ragazzi che magari non potrebbero permettersi le trasferte”.

Matteo Manassero

Matteo Manassero: “Non è facile avere un’opinione su questo tema neppure per me. Pensando alla mia esperienza, quando ho firmato i primi contratti ero molto giovane, certamente, ma ero già pro, con una struttura importante alle spalle a sostenermi. E devo dire che, a quell’età, il fatto di giocare per dei soldi non è mai stata una fonte di pressione. Ero troppo piccolo per pensare ai soldi: giocavo e basta e quello contava. Ero totalmente immerso nel presente e nel godimento assoluto del passaggio al professionismo, verso quella vita che desideravo fare così tanto. Dunque, no, non mi è mai pesata la sensazione di dover ripagare lo sponsor con i miei risultati. Tornando a oggi, in effetti ciò che R&A e USGA stanno facendo è regolamentare una situazione che di fatto già esiste, perché i migliori ragazzi (penso a Wollf, Morikawa ecc) stanno già firmando da amateur contratti per quando passeranno pro. In buona sostanza, nel golf sta accadendo ciò che nel tennis succede ormai da moltissimi anni. Ciò non toglie, però che bisognerà proteggere i ragazzi under 17, magari con regole che inseriscano un limite per l’età. E se devo dirla tutta, rispetto a tutto ciò che ho letto, preferirei che, piuttosto che le sponsorizzazioni anche per i dilettanti, USGA e R&A permettessero agli amateur che partecipano ai tornei Open di intascare il premio in denaro corrispettivo alla loro prestazione, perché quello è ciò che si sono davvero guadagnati sul campo”.

Raga, il ragionamento di Matteo non fa una piega.

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