Conosci te stesso e sarai un golfista migliore

Se la semplicità, come scrive Philip Roth, non è mai così semplice, figuriamoci se può esserlo il golf che di semplice ha solo il nome.

Per chiarirci, il golf è come il fiume di Eraclito nel quale è impensabile entrare due volte allo stesso modo: è in continuo cambiamento. E’ una variabile in mutamento costante. In definitiva, il golf siamo noi, con il fluire dei nostri pensieri, dei nostri stati d’animo, delle nostre emozioni.

Per capire come gestire al meglio questa infinita variabilità che ci sorprende e ci colpisce a ogni colpo che tiriamo, può essere d’aiuto una sana lettura: “Be a Player”, di Pia Nilsson e Lynn Marriott, è il titolo che fa per voi che siete alla ricerca di un miglioramento golfistico.

FullSizeRender 5

Attraverso gli esempi di campioni e campionesse del calibro di Annika Sorenstam, Suzann Pettersen, Kevin Streelman, Russell Knox e molti altri, capirete che dall’universo di neurolabilità golfistica nel quale siete immersi fino al collo, si può uscire. Basta conoscersi.

Le due coach stellari, che sono di stanza in Arizona, partono infatti dal presupposto che il golf è un gioco solitario, che si gioca dentro se stessi, prima ancora che fuori: per questo motivo, ai fini del risultato, è determinante che il golfista conosca se stesso meglio ancora che il proprio swing. In fondo, la conoscenza porta chiarezza, la chiarezza crea le scelte e le scelte pongono le basi affinché si possano raggiungere i propri traguardi.

Secondo Nilsson e Marriott, ogni giocatore di golf ha, come ogni essere umano, delle tendenze emotive specifiche, che vengono alla luce sia quando il giro delle 18 buche fila alla grande, sia nelle innumerevoli giornate di magra. Conoscere queste tendenze e dunque prevenirle può avere un effetto dirompente sulla qualità dello score.

Purtroppo, nella maggior parte dei casi, i coach, quelli che grazie al Trackman hanno una conoscenza circa le abilità tecniche e i punti deboli dei propri allievi ancora più grande degli stessi allievi, riconoscono per lo più solo quelle che sono le tendenze dello swing, piuttosto che quelle umane, emotive e mentali che invece di quello stesso swing sono il grilletto caldo.

Lo sappiamo: per cultura e struttura mentale, tutti noi, golfisti e allenatori, siamo portati a credere che una ripetizione infinita dello swing al driving range ci consentirà di ripetere all’infinito in campo quello stesso movimento, persino in condizioni di stress fortissimo. Ma la scienza, come si racconta nel libro, sostiene tutta un’altra cosa: a Stanford, nel 2006, la professoressa Krishna Shenoy ha scoperto che il cervello umano non è in grado di ripetere perfettamente una qualsivoglia azione fisica.

“La convinzione –sostiene la scienziata – che possiamo muovere il bastone da golf allo stesso modo per 18 buche è errata: è il nostro cervello a non permettercelo, dal momento che il sistema nervoso è disegnato per essere flessibile e non per riprodurre le stesse azioni allo stesso modo milioni e milioni di volte. Piuttosto dobbiamo accettare il fatto che il nostro swing sia una variabile che muta di giorno in giorno, di colpo in colpo: in sostanza il golf è uno sport che si gioca in un ambiente flessibile e in costante mutamento”.

Se dunque non si può controllare lo swing, secondo Nilsson e Marriott, l’unica cosa, oltre alla sacca, che il golfista può controllare è proprio se stesso.

Nonostante ciò, i golfisti continuano a fare, rifare e rifare ancora le stesse cose al driving range, quando invece dovrebbero imparare a conoscere la variabilità emotiva e tecnica che c’è sul campo, che poi è il luogo deputato allo svolgersi del gioco. Ogni golfista dovrebbe soprattutto sviluppare la conoscenza di quelle che sono le sue tendenze psicologiche in campo e del perché vengano alla luce.

Il sapersi destreggiare tra le proprie emozioni in campo può ridurre lo stress, la paura, la rabbia e creare al contempo una pace mentale che generalmente facilita una miglior performance. Una volta che s’intuisce come, quando e perché l’ansia e la tensione possono avere effetti negativi sullo swing, si diventa capaci di gestirle.

In sostanza, il golf è un gioco che per essere giocato al meglio ti chiede di conoscere te stesso: gli antichi greci ce lo suggeriscono da quel dì, oggi ce lo consigliano anche Pia Nilsson e Lynn Marriott.

 

Comments

1 Comment
  1. posted by
    GianPaolo
    Aug 4, 2017 Reply

    L’intelligenza emotiva anche nel golf! Bella chiave di lettura del golf come introspezione. Brava, BB!

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *