Fate del circolo la vostra casa

Al 37simo giorno di lockdown italiano, è tempo di gettare un occhio fuori dalle pareti di casa e volgere finalmente lo sguardo alla situazione (critica) del golf nostrano.

Con la ripartenza che tante fonti attendibili indicano sempre più vicina (4 maggio? Metà maggio?), è doveroso capire lo scenario che i golfisti si troveranno ad affrontare una volta tornati sul campo.

Innanzi tutto, i numeri del tesseramento: al 31 marzo 2020, i dati segnalavano 5.000 golfisti in meno rispetto alla stessa data dell’anno prima (66.000 tesserati contro i 71.000 del 2019).

Un segnale questo che ha due possibili letture: 1) una parte consistente degli swingatori non ha fatto in tempo a saldare la quota sociale e la tessera prima della chiusura del paese, ma appena possibile lo farà; 2) un’altra fetta, prevedendo l’imminente crisi economica, ha scelto di rinunciare al golf e dunque ha detto addio al green.

Ora: gli stessi dati di cui sopra indicavano che nei mesi tra aprile e settembre di un anno fa, il numero dei giocatori era cresciuto di 20.000 unità. Il che, tradotto, significa che prima il golf riaprirà i battenti, prima recupereremo (parte di) quei 20mila giocatori. Anche per questo motivo, ma ovviamente anche e soprattutto per la salvaguardia dei club italiani, nei piani alti della Fig stanno lavorando a fianco del ministro dello sport per ricominciare a far giocare as soon as possible: il prima possibile.

Veniamo ai circoli: i due mesi di chiusura di marzo e aprile hanno significato ingenti perdite economiche. Due conti? Solo per quanto riguarda la disputa delle gare dei weekend, nei percorsi da campionato a 18 o più buche, si sono persi ogni mese dai 12.000 euro di un club medio, ai 30.000 di un sodalizio prestigioso. Aggiungete i mancati ricavi dei greenfee, dei golf cart, dei gettoni del campo pratica, dei carrelli in affitto (e in alcuni casi anche del mancato utilizzo delle foresterie), e si arriva persino a 100.000 euro di perdita mensile nei casi di quei circoli assai prestigiosi e turistici. Una voragine.

E ancora: il capitolo quote sociali. Molte sono state già saldate, molte sono ancora da saldare, altre (ci sono 25.000 golfisti che mancano ancora all’appello totale, visti i numeri di cui sopra NdR), data la previsione del FMI che indica al -9,1% il PIL italiano per il 2020, non verranno nemmeno più prese in considerazione: si andrà per la “pagnotta” e il futile sarà in secondo piano.

Bene: considerando che un qualsiasi club può vivere di sole quote per soli sei mesi l’anno, al massimo fino a luglio, capirete bene perché le parole che i direttori, i segretari e i presidenti di circoli ripetono come mantra ai propri soci sono: siate solidali, comprensivi e mettete buona volontà.

Nel frattempo, all’interno delle segreterie si stanno studiando recovery plan a tutta birra: con la consapevolezza che per lo meno nei primi mesi si tornerà a un golf meno lezioso, direttori e presidenti stanno riorganizzando il gioco con la messa in sicurezza dei soci e dei dipendenti, stanno approntando calendari gare anche per luglio e agosto (tanto, diciamocelo: le vacanze le faremo a casa), stanno studiando la possibilità di tenere il club aperto 7 giorni su 7, stanno cercando strategie per recuperare parte di quei 50.000 greenfees che i golfisti italiani spendevano tra swing e quant’altro sui campi esteri, e infine, consapevoli che non si potrà contare sul turismo dall’estero (nel 2019 erano stati 700mila i green fee stranieri, per un totale di oltre 30 milioni di euro), stanno cercando liquidità presso il credito sportivo e le banche.

Dunque, a voi che siete a casa a fremere per tornare al golf, nei limiti del possibile un solo dovere vi aspetta al rientro sul green: fate veramente del circolo la vostra casa. Senza se e senza ma. Punto.   

Comments

2 Comments
  1. posted by
    Paolo
    Apr 15, 2020 Reply

    Ciao Isa,
    Io ti parlo da addetto ai lavori.. per me io golf è vita, passione e unica fonte di guadagno.
    È da quando siamo chiusi che provo ad immaginare lo scenario per quel che riguarda la mia parte; fare lezione con la mascherina ed i guanti sarà forse il meno; la cosa difficile (ovviamente dal mio punto di vista) sarà proprio la lezione in se.. non si potrà toccare il giocatore/trice, si dovrà stare a distanza e sopratutto bisognerà cambiare il modo di usare i devices (iPad o iPhone o computer). Io sto già pensando di prendere uno schermo e collegarci iPad in modo che il cliente lo può vedere bene ed io posso gestire l’analisi con le distanze giuste.
    Sarà comunque un modo diverso e “nuovo” di fare lezione.
    E per quanto riguarda i ragazzi sarà ancora più difficile..perché bisognerà tenere unito un gruppo “distanziato” cercando di continuare a farli divertire durante i corsi.
    Detto ciò ci aspetta una bella sfida..che credo durerà un bel po! Importante e avere la consapevolezza di essere pronti a nuove “sfide” in questo caso non volute.
    Un abbraccio

  2. posted by
    Giorgio
    Apr 15, 2020 Reply

    Ciao Isabella!
    Prendiamo atto dei numeri che hai citato, veramente critici per un movimento già critico di suo.
    Il golf per propria natura favorisce il rispetto delle distanze interpersonali, con le ulteriori modifiche transitorie alle modalità di gioco potrebbe essere davvero uno dei pochi sport praticabili en plain air fin da subito; e chissà per quanto potrebbe godere di questo piccolo vantaggio rispetto, per esempio, all’italico calcio.
    Penso che questo aspetto potrà essere un boost per attrarre nuovi praticanti?
    Ammesso che quelli vecchi, i 20.000 che mancano all’appello, rientrino nei ranghi?
    Se si, le scuole sono pronte? La Federazione farebbe uno sforzo in più per attrarre nuovi golfisti?
    Ciao, a presto
    gb

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *