Fowler, quando la luce in fondo al tunnel esiste

Nella serata delle stelle cadenti, mentre con un occhio seguivo il primo giro di Riccardino Fowler al Pga Championship e con l’altro cercavo una luce fiammante nel buio del cielo a cui chiedere un desiderio a prezzo scontato, ho intuito che davvero la luce più importante è quella che si accende dentro di noi. Quella che all’improvviso fa click nelle nostre teste e, nel buio nel quale la vita qualche volta ci confina, ci fa intravedere possibilità fino a prima sconosciute. Quello sguardo che nonostante sia sempre lucido quando lo si rivolge verso l’esterno, un po’ meno quando lo si punta verso ciò che accade dentro di noi, diventa all’improvviso nitido e consapevole di ciò che davvero conta.

Prendete proprio Rickie: meno due sul tee della 5, in quella buca ha marcato un triplo bogey da golfista neurolabile della domenica, che avrebbe steso a terra anche un elefante incazzoso della Namibia.

Nonostante la botta, nonostante il buio che deve avergli gelato le ossa e i muscoli, il buon Fowler non ha smosso un pelo di quelle folte e sexy sopracciglia alla Rhett Butler che sfoggia incurante e, con un mood simil zen, ha incamerato da lì in poi quattro birdie, un bogey e tutti par, per un totale di 69 (-2), che gli vale l’ottava posizione a due sole lunghezze dai leader provvisori, Olesen e Kisner. E per giunta c’è riuscito su un percorso, quello di Quail Hollow, capace di far tremare i polsi anche a un guerriero senza paura come Mike Tyson.

Ora: non so quale espressione migliore di resilienza si possa utilizzare per descrivere quest’attitudine dell’americano, questa sua capacità di risorgere da una posizione di enorme svantaggio, dimenticandosi in fretta (ma senza furia) di un colpo sbagliato (7 colpi in questo caso) per andare avanti con quello successivo.

Si sa, nel golf il tiro più importante è quello che viene dopo, ma si sa anche che ripeterselo a mo’ di mantra non serve a niente se nella testa non trova spazio una nuova luce per poter inquadrare le cose da un diverso punto di vista: quella che ci fa vedere che, in fondo, ciò che è passato è passato e come tale non è più così importante da poterci ancorare coi piedi a terra. E che se non ne abbiamo paura, allora forse abbiamo già in noi quello che può portarci in alto: la consapevolezza che il buio non sopravvive alla luce e che c’è sempre tempo per provare a splendere ancora.

Nel caso di Rickie c’erano 69 buche da giocare, un chilo di di talento e due etti di resilienza, che, frullati insieme hanno dato vita a una ricetta di vita (e di golf) che funziona: tutti i più grandi cambiamenti passano sempre attraverso un momento di buio; un attimo nel quale, se pensi di averne avuto abbastanza e che in fondo tutto ciò di cui ti sei preoccupato non era poi così importante da riuscire a continuare a impaurirti, la libertà che se ne guadagna è così abbagliante da permetterti di intravedere solo ciò che c’è di buono in fondo al tunnel: la luce.

 

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