Guido Migliozzi, o la meraviglia del saper attendere

Parafrasando Schopenhauer, la vita di un golfista professionista è un pendolo che incessantemente oscilla tra il giovedì mattina e la domenica pomeriggio, passando qualche rara volta per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, di un sabato sera in cui sognare un trofeo.

Nel caso di Guido Migliozzi, il giocatore che nella storia dell’European Tour ha avuto bisogno di meno tornei di chiunque altro per andare a conquistare la sua prima coppa (domenica pomeriggio ha trionfato alla grandissima nel Kenya Open NdR), il sabato sera semmai è buonissimo per andare a ballare in disco, o invece, come a Nairobi, per godersi il profumo della sfida da gladiatore che lo attende in campo.

“Amo l’adrenalina, è come una droga per me”: con le lacrime a inumidire gli occhi ghiaccio da tigre tenuti sempre spalancati sulla palla, lo ha raccontato lo stesso Guido ai cronisti subito dopo la vittoria al Karen CC.

Abbracciare la sfida, amare la competizione, sentirsi a proprio agio nel perimetro del Colosseo, non poter fare a meno dell’azzardo: sono tutte qualità che solo i grandi campioni possiedono nel profondo del loro Dna.

Chiedete a quei tipini fini che rispondono al nome di Filippone Mickelson, o di Tiger Woods: a domanda precisa, risponderebbero con un copia incolla delle parole dell’azzurro.

In casi di agonisti di razza come questi, semmai il difficile è modulare l’aggressività: sapere quando sguainare la spada e andare all’attacco, e riconoscere invece quando è il momento per rallentare e giocare in prudenza.

Ecco: il vero salto di qualità dell’azzurro, prima ancora che nella parte tecnica (e quanta tecnica c’è nello swing di Migliozzi!!!), è stato proprio lì, in quell’area piccola come un coriandolo ma pesante come un’incudine sullo score che è racchiusa nel perimetro del fare o del non fare.

Fare una scelta azzardata o non farla? Fare un colpo rischioso o non farlo? Fare spettacolo o non farlo?

Migliozzi, per sua natura, sarebbe per fare tutto col turbo inserito. Sarebbe per vivere sempre a gas aperto.

Oggi però il vicentino ha imparato che nella vita, ma pure nel golf, qualche volta è meglio non fare. Cedere il passo. Navigare in acque calme. Rallentare. Perché, sapete che c’è? C’è che a volte è nella meraviglia della lentezza che si scopre la velocità. È nella meraviglia della lentezza che si scopre la verità. È nella meraviglia della lentezza che si capisce che è tutto ciò che è squisito, come un trionfo in Kenya, matura poco a poco.

E allora… buongiorno a chi in tempi accelerati come questi vive con lentezza, anche quando è di corsa; buongiorno a a chi si dà il tempo di comprendere, di ammirare un tramonto, di sorridere, e, come nel caso di Guido, di vincere.

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