Il destino cinico e baro dello smazzatore da week end

Si sa: lo sport, ispirandoci, ci permette di rinascere di continuo. Ma comunque la rigiri, la questione è che chi nasce smazzatore neurolabile da week end, sempre smazzatore neurolabile da week end rinascerà. Un po’ come il cervo a primavera: è un destino cinico e baro da cui non si scappa.

Voglio dire: un conto è il golf che giocano ogni settimana i vari Giordano Spiethato Spieth, Adamello Scott, Giasone Day o Rory McRory, che è poi il golf che ci ispira quotidianamente, e un conto è lo smazzamento generale che portiamo in campo ogni week end che Dio manda in terra noi dilettanti allo sbaraglio.

Tradotto: un conto è lo sport del golf, che appartiene agli dei e a pochi altri eletti, e un conto è il gioco del golf, che invece contraddistingue il 99% della popolazione swingatoria mondiale.

La differenza è sostanziale: la parola sport deriva dal francese desport che a sua volta nasce dal latino deportare, portare lontano. Lo sport è insomma quell’attività fisica capace di portarti lontano da te stesso: di innalzarti dai tuoi limiti e migliorarti. Richiede disciplina, esercizio, pratica, tecnica, sforzo fisico e mentale.

Diversamente, il gioco è un’attività di intrattenimento volontaria e intrinsecamente motivata, svolta da adulti o bambini, a scopo ricreativo.

Il gioco insomma è ludico. Lo sport è competitivo.

Morale: noi swingatori neurolabili del week end giochiamo per divertirci; i campioni per vincere gloria e, soprattutto, denaro.

Succede però che l’andamento del mercato golfistico sia mosso dagli umori di quel 99% che gioca (male) a golf.

Se quelli che giocano si divertono, continueranno a giocare, torneranno su un determinato campo, ne parleranno bene agli amici e spenderanno tempo e denaro nel tentativo (maldestro) di migliorare.

Al contrario, se mentre giocano non dovessero divertirsi, le conseguenze sarebbero diametralmente opposte. E il mercato ne risentirebbe.

Ho fatto questo lunghissimo preambolo, perché smossa da due diverse ma contemporanee esperienze golfistiche avvenute in quest’ultimo fine settimana.

La prima riguarda un mio caro amico, che  si è trovato a giocare una medal di circolo su un campo preparato con il classico “Masters mood” con tee da campionato bollenti, aste che giocavano a nascondino e rough famelico.

La seconda riguarda me, che con tre amici mi sono presentata per un’altra medal in un altro percorso dove, per permettere a tutti di divertirsi e per velocizzare il gioco, i battitori (ben 4 per ogni buca) erano stati avanzati di parecchi metri e le bandiere accoccolate nel centro del green, docili come un cocker davanti al camino scoppiettante.

Risultato: noi, quattro ore di gaudio immenso; lui, sei ore e trenta di neuroni che ballavano il Mambo number five. Noi torneremo a giocare su quel campo che ci è parso fantastico perché ci ha fatto sentire campioni; lui, in quell’altro che gli ha triturato gli zebedei, mi ha giurato che non metterà mai più piede. E come lui, immagino, gli altri tapini che gli hanno fatto compagnia nelle sei ore e passa di…. “gioco”.

Ora: ok che soffrire fa parte del thrilling del golf anche al nostro livello di gioco. Va bene. Ma far star male la gente in campo non può e non deve essere la medicina.

Se gioco deve essere, mi domando perché, nonostante si abbia a che fare con amateur nel senso verissimo della parola, spesso si tenda invece a rendere il golf un inferno. Quest’atteggiamento celodurista da duro e puro dello swing non giova a nessuno: né allo smazzatore che gioca e non si diverte, né all’organizzatore della gara, né ai club che ospitano gli eventi.

Se lo scopo del marketing è rendere fedeli le abitudini di acquisto che sono mutevoli e imprevedibili, allora lo scopo principale dei circoli dovrebbe essere quello di far affezionare, facendoli divertire, i propri clienti. Non di allontanarli con campi da U.S. Open. Quelli lasciamoli a Giordano Spiethato & Co; a noi dateci percorsi che ci lascino tornare a casa sentendoci campioni almeno per un pomeriggio.

 

 

 

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *