Il golf è come la vita: un ricominciare

Si sa: il golf è un eterno ricominciare a ogni colpo. Il che, se è vero come è vero che il ricominciare è quella medicina che ti strozza mentre la ingoi, la dice lunga, anzi lunghissima, su quanto sia complicato ‘sto benedetto gioco. Ma poi, suvvia, anche a voler ricominciare, in un ipotetico desiderio di contenimento dei danni golfistici, da dove è meglio ricominciare?

Da quello che è più semplice, direi: da un ottimo consiglio. In teoria, poi, è meglio se il consiglio piove direttamente dalle labbra di un guru dello swing.

Per dire, un vecchio, vecchissimo socio del mio circolo, trent’anni fa affittò un aereo privato da Phoenix per raggiungere il mitico Arnold Palmer in Florida: aveva avuto la fortuna di riuscire a prenotare un’ora di lezione proprio con The King.

Si presentò perciò assai emozionato al campo pratica, biascicò due parole gentili ad Arnie, iniziò a swingare e dopo un cestino di palline a destra e sinistra, si permise di chiedere al Mito, rimasto sempre silenzioso, un consiglio per migliorare il suo golf sbilenco.

“Quando fa il backswing – sentenziò Palmer- si ricordi di rattrappire le dita dei piedi”.

Il prezioso consiglio costò 5.000 dollari e un fastidioso inizio di fascite plantare. Non si sono invece mai registrati aggiornamenti circa l’eventuale progresso tecnico del mio amico, che ricominciò, sì, a giocare, ma non senza essere prima passato dalle mani del fisiatra di fiducia a Genova per riassestare i due alluci rattrappiti.

Senza andare troppo lontani, un secolo fa pure la sottoscritta ha ricominciato a sua volta sull’onda di un consiglio carissimo niente meno che di David Leadbetter.

Per alzare di qualche grado il piano troppo piatto del backswing, il guru mi suggerì di praticare mordendomi la maglietta all’altezza della spalla sinistra mentre portavo indietro il bastone.

Morale: per i successivi vent’anni ho sofferto di ernia cervicale al collo e di un mai sopito reverse pivot nel backswing.

E ancora: anni fa, una mia amica, dopo mesi di attesa, era riuscita a prenotarsi un’ora di lezione col maestro con la M maiuscola, con il coach dei suoi sogni.

Dunque lei arriva emozionata in campo pratica, tira, tira, tira, ma il mega coach non proferisce parola. Infine, un po’ stizzita, gli chiede: “Ma insomma, maestro, cosa dovrei fare?”

“Si allontani”, risponde lui.

“Così?”

“Ancora un po’”

“Così va bene?”

“Ancora un po’”

“E adesso?”

“Signora, non ha capito: lei si deve allontanare dal gioco del golf”.

Ed è lì, in quel giorno, che ho capito svariate cose: 1) che noi golfisti siamo tutti dei creduloni; 2) che solo la fede religiosa è più forte della disperazione golfistica; 3) che se tutti e tre abbiamo continuato a giocare per decine di anni ancora nonostante tutto e nonostante i consigli e, più in generale, se tutti noi non abbiamo mai smesso nonostante le flappe, i ganci, gli slice e i nervi scoperti, è perché quel ricominciare a ogni colpo è vita. Perché, in fondo, vivere è ricominciare. Ricominciare è vivere. E ricominciare è sempre bellissimo.

(Ps il miglior consiglio ricevuto? L’importante, nel golf come nella vita, è restare all’asciutto. Sintetico, pratico, efficace)

 

 

 

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