Italian Open, il successo della narrazione

Settantatremila spettatori, oltre duemila lezioni gratuite impartite a neofiti e un milione e mezzo di euro in tre anni (dal 2018 al 2020) messo già sul piatto dalla Regione Lombardia: al di là del meno 21 del vincitore Tyrrell Hatton, sono questi i numeri più impressionanti e importanti della settimana della 74sima edizione dell’italian Open.

Sono cifre che testimoniano l’enorme potenzialità del golf azzurro; cifre che si toccano solo quando, attraverso un adeguato storytelling, si riesce a smuovere la curiosità di quella gente che del green non sa nulla o, se sa, sa qualcosa di ormai antico e superato.

In questo senso, vanno apprezzate le parole pronunciate dal presidente Maroni nel corso della diretta televisiva della domenica: probabilmente si è trattato del più grande e del meglio articolato spot per il golf mai realizzato da parte di un esponente di primo piano della politica italiana.

Chapeau!

Ma non solo: sempre restando nel campo della comunicazione, va anche sottolineata la mole indicibile di lavoro postata online non solo dagli spettatori presenti, ma soprattutto dall’ufficio stampa federale, che, probabilmente per la prima volta nella storia, si è circondato di uno staff di giovanissimi esperti del web che hanno mitragliato Instagram e postato su Facebook 24 ore su 24 per tutta la settimana del torneo.

Dicevamo dello storytelling: prima ancora del pensare a come creare nuovi swingatori, se si desidera che il golf azzurro del futuro abbia le stigmate della crescita che merita, quella della narrazione è la direzione che bisogna prendere.

Partendo dal presupposto che la storia che il golf ha raccontato fino a ieri non piaceva al pubblico fluido e in movimento dell’oggi, bisogna trovarne una, dieci, centomila che incrocino il gusto mutevole di coloro i quali sono dei non-swingatori: attraverso una narrazione online compulsiva, si deve essere in grado di mobilitare le emozioni del pubblico, coinvolgendolo, prima ancora di convincerlo a giocare, in una storia credibile che apra il cuore.

Si sa: il mercato 3.0, quello in cui viviamo e in cui galleggiamo nella rete infinita del web, è quello della narrazione; il successo di un marchio (e il golf come tale va trattato) sta solo nel racconto che sa comunicare.

In buona sostanza, bisogna imparare a trattare il golf non come uno sport, ma come un brand: prima bisogna saperlo imporre per la sua unicità nel mercato, quindi bisogna ottenere la fiducia del “consumatore” e solo dopo, come terzo step, si deve fare in modo di legittimare il suo valore, conquistando così la fiducia duratura del neo golfista.

Ora: l’Italian Open del 2018 è alle porte: la data è per la fine di maggio. Saremo l’unico torneo nella storia del golf europeo che varrà per ben due volte ai fini della selezione del team europeo della Ryder Cup 2018. Cominciare a raccontare da qui (e dai nostri azzurri in campo),  mi pare niente male.

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