Jason, datte ‘na mossa

In generale, i campioni, ispirandoci, ci permettono di rinascere in continuazione. Epperò, nel firmamento delle stelle sportive, esistono anche quelle che invece ci fanno morire. Di noia, per lo più.

Giasone Day è uno di quelle. Uno che, a causa della lentezza nella quale è tracimato il suo golf, nell’attesa che esprima un qualsiasi colpo, ci fa rimpiangere la gagliardia di certe moviolone biscardiane degli anni ‘80.

Eppure, nonostante tutto, il buon Jason non pare rendersi conto dello sfracassamento emotivo che la melina del suo gioco procura in noi spettatori (e probabilmente anche nei suoi compagni di partita). Roba da far cascare gli zebedei giù fino in Zambia.

Giusto recentemente, poche ore prima del suo debutto stagionale alle Hawaii, il numero 1 del mondo ha ribadito che nel 2017 non ha nessunissima intenzione di aprire il gas del suo gioco. Tradotto: Jason Day continuerà ad asfissiare le telecronache golfistiche con i suoi ritmi di gioco da lumaca ubriaca.

Il motivo? Lo ha spiegato lui stesso: “La gente –ha sostenuto- non si rende conto dell’importanza che ogni singolo colpo ha nella nostra carriera. Il golf che giochiamo noi è diverso da quello del golfista medio. E io non ho intenzione di tirare nessun colpo fino a quando non sono certo di aver fatto tutto per bene”.

Ora. Io accetto la complessità del gioco, ovvio che l’accetto e la rispetto, ma contemporaneamente non posso fare a meno di chiedermi cosa diavolo è cambiato nel golf moderno rispetto a quello dei tempi dei vari Nicklaus, Palmer, Watson, Ballesteros, tempi nei quali si mirava e si tirava senza tante inutili frignacce per la testa. E ripeto, pur nel ribadito rispetto della complessità del gioco, non posso neppure evitare di chiedermi se sia il golf a essere complesso, o se piuttosto lo sia il restare sempre positivi, il tenere le emozioni a bada, il rimanere nella routine sempre e comunque. Perché se così fosse, ho come la sensazione che, rispetto ai colleghi del passato, questi campioni di oggi abbiano guadagnato punti in termini di perfezione di swing, ma abbiano perso terreno in quanto a personalità e coraggio.

Concludo ricordando una cosa non meno importante al signor Giasone Day: le regole dello sport in generale (e del golf in questo caso) sono e restano sempre uguali per tutti. Per i campioni come per i dilettanti. Per i fenomeni come per gli sfigati. Questa è la bellezza e la grandiosità dello sport: la certezza e il rispetto dei regolamenti. Certo, a secondo dei livelli atletici, cambiano i risultati, ma non i contesti delle regole all’interno dei quali questi risultati si ottengono. Per cui, come il signor Federer non impiega più tempo del ragionier Brambilla a servire la prima palla, così il signor Day non dovrebbe impiegare più secondi di quelli che lo stesso ragionier Brambilla ha a disposizione per draivare dal tee nella garetta di circolo.

Capisco e accetto che per un pro del Tour stare nella routine sia complesso perché significa creare l’oblio del prima e la noncuranza del dopo per generare l’adesso. Ma non posso accettare che nel caso di Jason (e di molti altri, per carità) l’adesso si trasformi in un mai. Nel senso che non tira mai.

Ecco, questo non l’accetto, ma non dovrebbero accettarlo neppure gli arbitri.

 

 

Comments

2 Comments
  1. posted by
    Pierluigi
    Jan 7, 2017 Reply

    Il gioco lento è uno dei motivi per cui il golf in tv è una palla mortale. È questo a sua volta non aiuta a trovare nuovi praticanti.

    • posted by
      Isabella Calogero
      Jan 8, 2017 Reply

      concordo

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