La bella storia del Natale: il golf fa molto, molto bene

C’eravamo lasciati con i risultati scientifici di una ricerca dell’università di Edimburgo che era giunta alla conclusione che giocare a golf porta benefici nella cura del diabete di tipo 2, della depressione e del colesterolo; avevamo poi scoperto, grazie a un dettagliato studio svedese, che il tasso di mortalità per i golfisti è del 40% inferiore rispetto a persone dello stesso sesso, età e status socio-economico e che, dunque, a conti fatti, la pratica di swing e putt regala in media cinque anni di vita in più; infine, ci ritroviamo oggi, a ridosso del Natale, con una bella notizia in più.

Giocare a golf avrebbe infatti benefici tangibili nella cura del Parkinson, quella malattia neurovegetativa che colpisce oltre 10 milioni di persone nel mondo e che ha come sintomi evidenti la difficoltà nel movimento, i tremori, la lentezza, la rigidità e delle serie problematicità nel camminare.

Tra i malati più celebri? Papa Giovanni Paolo II, il pugile Muhammad Alì, l’attore Michael J. Fox, e, in Italia, il cantante Bruno Lauzi.

Ora: la buona novella arriva dagli Stati Uniti e ce la racconta Gary Smith, un sessantaduenne di Naperville malato di Parkinson, che da cinque anni ha scoperto il golf e che da tre, in seguito alla pratica quotidiana di drive e pitch, ha smesso di aumentare le dosi dei suoi medicinali.

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“Grazie all’allenamento quotidiano al driving range –ha spiegato Gary- sono diventato più fluido nei movimenti e oggi riesco persino a battere i tasti del pc per scrivere una mail”.

Ma il caso di Gary non parrebbe isolato: è infatti scientificamente provato che imparare nuovi movimenti sia importantissimo all’interno delle terapie di chi soffre di Parkinson. Per dire: Michael J. Fox ha iniziato a giocare a golf a 44 anni, quando la malattia lo stava già devastando, e da allora si allena due volte alla settimana. Ma la sua passione per swing e putt non si è fermata alla semplice pratica, nossignore: la star della saga di “Ritorno al Futuro” organizza infatti da anni in tutto il Paese pro am benefiche proprio allo scopo di raccogliere fondi per la ricerca.

“In genere – spiega il neurologo Aldo Piccardo – tutti quei movimenti sciolti che sfuggono alla programmazione nervosa si svolgono in un modo decisamente più semplice per i malati. E lo swing del golf, effettivamente, ha questo di caratteristico: che una volta che si mette in moto, non è più necessario controllarlo”.

Insomma, sarebbero gli sport caratterizzati dai movimenti fluidi a coadiuvare la cura per i malati di Parkinson: “Certamente- continua Piccardo- consiglio il golf, come pure lo yoga e il tai-chi, mentre dico no al tennis e a tutte quelle pratiche in cui sono necessari movimenti a scatto”.

Più nello specifico, gli esercizi legati al golf migliorerebbero nei malati di Parkison l’equilibrio, la flessibilità, la coordinazione, nonché la forza.

Morale: a conti fatti, al netto dei rischi di tendiniti, pallate in testa, fulmini assassini e assidui mal di schiena, il golf parrebbe proprio una medicina da prendere, se non tutti i giorni, per lo meno un paio di volte alla settimana.

 

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