La fortuna è cieca; la sfiga mira

Le macchie mirano: è una certezza assoluta, un teorema dimostrato.

Non ci credi? Prova: copriti col tovagliolo, tanto lo schizzo bastardo di sugo se ne frega. Anzi, gode ancora di più, perché, a mò di cecchino ceceno, punta e centra sistematicamente l’unico angolo di camicia rimasto inavvertitamente sguarnito. Al che mi chiedo: e se la sfiga, come le macchie, fosse anch’essa dotata di intelligenza propria?

Mi domando, vi domando: la iella colpisce a caso, oppure come temo, ha un suo piano infallibile?

Io opto per la seconda possibilità e ne ho ben donde: sentite qua cosa mi è successo recentemente durante una partita di golf.

Dunque: che io sia una golfista neurolabile, è risaputo. Ho combattuto, perdendola, una guerra decennale contro il nervo scoperto, diventando infine socia ad honorem della G.I.G.I.: Gruppo Italiano Golfisti Incazzati.

Ho provato l’ipnosi. Costose sedute psicologiche. Ho frequentato la Golfisti Anonimi.

Niente: appena infilo lo score in tasca, come un flipper, le mie sinapsi vanno in tilt ed è game over. Finché una rivelazione che ha del mistico pare ridonare forza alle mie speranze di golfista neurolabile: scopro che la cristalloterapia può aiutarmi nella lotta al bogey nevrotico.

L’idea è semplice: se ogni pietra ha uno specifico potere curativo, si tratta solo di individuare quella  o quelle più indicate per i soggetti ansiogeni come la sottoscritta.

Manuale alla mano ed ecco la risposta: il quarzo rosa dona un relax generale, l’ametista protegge dallo stress e la tormalina blu blocca l’ansia.

Tombola!

In un colpo solo, penso, sarò in grado di debellare tutte le mie paturnie isteriche e pure quell’unico neurone che mi agita nel cervello. E senza infrangere il regolamento antidoping: wow!

Acquisto dunque in una bancarella le tre pietre preziose, le infilo nella tasca della gonnellina e, miracolo, un immediato senso di benessere psico-fisico si impadronisce del mio Io.

Vivo placida e serena tutta la settimana, fino al week end: è tempo di garetta. Con i 3 sassi magici posizionati nella tasca posteriore destra, mi incammino serafica verso il tee della prima buca.

Sborda subito il putt per il birdie, ma l’ametista mi suggerisce di guardare il lato positivo: era un colpo perfetto, se continuo così, non potrò non imbucare. Bene!

Proseguo a cuor leggero per le prime 9 buche e nulla, proprio nulla, sembra scalfire la mia serenità ieratica. Non ci riescono, nell’ordine:

  1. un compagno di gioco che calpesta le linee sul green;
  2. la lentezza esasperante della terna davanti a noi;
  3. una palla in pista piazzatasi al centro di una zolla non rimessa.

Morale: sono un asceta. Un monaco tibetano. Un misto tra Gandhi e Madre teresa di Calcutta. Sono l’incarnazione vivente del Love & Peace. Ma la sfiga mi sta puntando e io non lo so.

Alla buca 13 sono in bunker e mi preparo a colpire. Vrr….Vrr… Il mio cellulare in modalità silenziosa vibra nella tasca posteriore destra. Lo estraggo e nel rispondere il quarzo rosa casca rovinosamente nella sabbia, infossandosi a pochi millimetri dalla mia pallina. Non me ne accorgo, purtroppo.

Sono quindi ancora nel pieno controllo delle mie facoltà. Educatamente chiudo la telefonata, mi posiziono e colpisco… quarzo e palla schizzano fuori dal bunker a mo’ di Shuttle, infilandosi senza alcun indugio nell’unico cespuglio oltre il green.

Il neurone solitario all’improvviso riprende vigore e trasmette un inequivocabile messaggio alle sinapsi rilassate: CARICAAAAAA!

Game Over.

La morale è che la fortuna è cieca, ma la sfiga mira e soprattutto se ne frega ampiamente della cristalloterapia.

(ps procurarsi un cornetto rosso per le prossime 18 buche di gara)

 

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