Lucrezia Colombotto Rosso, o l’importanza dei dettagli

Le opinioni, a volte, si adattano alle circostanze. Non è segno di debolezza, o di volubilità. Piuttosto lo è di umiltà: il mio giudizio –uno ragiona- deve tener conto di ciò che mi accade intorno. E ciò che Lucrezia Colombotto Rosso, 21 anni di cui uno, l’ultimo, sul Ladies European Tour, ha visto nei suoi primi dodici mesi da proette, deve averla colpita parecchio:

“Sono sbarcata sul circuito totalmente all’arrembaggio –racconta dal Golf degli Ulivi, dove ci siamo conosciute in occasione della ProAm UnoGas– con un grande ottimismo e con quella sana incoscienza tipica dei dilettanti che varcano la soglia del professionismo. Mi sono data cinque anni per raggiungere i miei obiettivi: centrare una vittoria in un Open, traslocare sull’LPGA Tour e giocare le Olimpiadi del 2020. Al netto di Tokyo 2020 che resta un target imprescindibile, e alla luce di questa stagione complicata, mi sa però che mi devo concedere più tempo”.

Ma cosa vuol dire “all’arrembaggio”? “Che non avevo idea di quanto fosse difficile gestirsi da sole. Quando sei amateur, la Federazione pensa a tutto: il tuo unico pensiero è giocare a golf e fare score. Punto. Quando invece arrivi sul Tour, sei meno comoda: non solo devi trasformarti in una giocatrice migliore, ma devi anche diventare l’amministratrice, la manager e la contabile di te stessa. E a 20 anni non è così scontato”.

In un certo senso, bisogna ricominciare tutto daccapo… “Esattamente. Se vuoi sopravvivere là fuori, devi maturare molto più in fretta e imparare a gestire l’organizzazione capillare della tua vita. E poi c’è, ovviamente, l’aspetto del gioco…”

E quindi? “Arrivi dal mondo amateur dove magari sei la più forte e all’improvviso sul circuito ti ritrovi a essere la signora nessuno. In questi frangenti devi costruirti una squadra che ti supporti: io fortunatamente ho la mia famiglia che mi sostiene in tutto. Poi mi sono trovata una nutrizionista, un preparatore atletico, un coach. Mi sento più pronta, oggi, rispetto a un anno fa. Ho cambiato i materiali dei bastoni per alleggerirli e guadagnare velocità e distanza. Ho perso 6 chili di peso ma ho messo muscoli. E poi ho il mio fidanzato…”

Che ti dice, cosa?… Che non devo mollare, mai. Lui è uno sportivo di alto profilo: fa il pilota di auto e ha vinto la 24 ore di Daytona. Conosce la mia natura e il mio carattere esplosivo: o l’azzecco subito, o mi stufo e lascio perdere. Ecco: mi ha consigliato invece di avere pazienza, di tenere duro. Di avere tenacia, perché credere in se stessi è ciò che fa la differenza. E sento che finalmente sto migliorando (confermo: in campo ne ho ammirato la grandissima pazienza NdR)”

Altri buoni consigli ricevuti? Beh, per non perdere la bussola è importante parlare e confrontarsi con le colleghe più anziane. In questo senso sono state di grande aiuto le parole con Giulia Sergas, ma anche con Diana Luna e Margherita Rigon che non conoscevo. Ma è anche fondamentale capire in quali spazi devi lavorare per migliorare: nel mio caso, dai 70/80 metri in giù. E poi devi essere brava a capire una cosa: che quelle giocatrici che erano i tuoi idoli da ragazza non sono poi così più forti di te. Voglio dire: lo sono, certamente, ma la loro grandezza sta nei piccoli dettagli, soprattutto nel gioco corto e nella testa. L’importante è saperli cogliere, questi dettagli”.

La stessa cosa me l’aveva suggerita tempo fa una tua amica, Virginia Elena Carta, che però è ancora amateur. Come lei, anche tu hai praticato tantissimi sport prima del golf….“Oh sì: lo sci, che mi ha lasciato gambe forti, la vela, che mi ha regalato la spensieratezza, il canottaggio, che mi ha insegnato lo spirito di collaborazione, e infine il tennis, che mi ha portato in dote la grinta”.

Però alla fine hai scelto il golf. Perché? “Perché mi piace il fatto che metta alla prova me stessa, indipendentemente dagli altri. E’ una questione solo fra te e il campo”.

E perché passare subito al professionismo, senza, chessò, un’esperienza universitaria americana? “In effetti avevo proposte di borse di studio in Florida e in Ohio. Ma volevo iniziare subito questa carriera: secondo me, il tuo golf migliora prima e più in fretta sul Tour”.

Ma per una ragazza, quella sul circuito, non è una vita particolarmente dura? “Beh, non c’è dubbio che sia una vita solitaria. Per apprezzarla devi amare la possibilità di viaggiare, di vedere posti nuovi e di conoscere gente e culture interessanti. Però, siamo chiare: una famiglia, io la voglio, eccome”.

Ora: dicono che una delle cose peggiori nella vita sia soffermarsi a ragionare sul perché le cose non funzionino. Che farsi delle domande sia sinonimo di pena per il cervello. Che, in definitiva, voler andare in profondità sia come mettere una croce sulla felicità. Epperò l’esperienza insegna che il golf ad altissimo livello richieda analisi prima di scendere in campo e acque basse una volta che si ha lo score in mano. Ed è proprio questo mix sapiente di pesantezza e leggerezza a fare grandi i campioni nei momenti cruciali dei tornei. In questo quadro di equilibrio precario perennemente sul ciglio del burrone che si chiama golf, Lucrezia si è già fatta le domande che contano e si è data molte risposte. Adesso, per brillare, è giunto il momento della leggerezza, quella che ti lascia swingare senza troppi dubbi inutili e senza troppi quesiti irrisolti, perché, nel golf, ricordiamocelo, il possibile è sempre dietro l’angolo di un putt imbucato da un chilometro.

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