Male al gomito? Fai come Tiger e Nadal

A volte il golf è così crudele da dare l’impressione che lo swing si sgretoli da un colpo all’altro, manco fosse uno smalto scadente.

Fortunatamente si tratta solo di una sensazione, di un feeling, di una bugia mentale che qualsiasi golfista neurolabile da week end ha testato sulla propria pelle e nella propria testa almeno una volta nella vita.

In verità, soprattutto nel caso dei giocatori della domenica, lo swing, i suoi piani, i suoi angoli, restano quasi sempre identici a se stessi (e, ahinoi, verrebbe quasi da aggiungere purtroppo); piuttosto ciò che cambia colpo dopo colpo, pratica dopo pratica, è il nostro fisico: l’usura dei tendini è infatti innegabile, soprattutto quando i nostri muscoli vivono in una situazione di stress ripetuto e finiscono così con l’accorciarsi.

“ Le cosiddette patologie da microtrauma – spiega la fisiatra della Casa di Cura Villa Montallegro, la dottoressa Maria Teresa Pereira Ruiz – nascono proprio così, gradualmente: un drive dopo l’altro e alla fine ci si ritrova con delle lesioni nei tendini”.

Tra tutte queste patologie, qual è dunque la più comune tra gli swingatori?

“Decisamente il gomito del golfista: quella che in gergo scientifico chiamiamo epitrocleite. È caratterizzata da un dolore costante e cronico nella parte interna del gomito ed è causata da un sovraccarico funzionale del tendine dei muscoli dell’epitroclea”.

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Ma non si chiamava gomito del tennista?

“In verità si tratta di due patologie simili, ma diverse: entrambe riguardano ovviamente il gomito, ma nel caso del golfista, come spiegavo in precedenza, il dolore è all’interno, mentre tra i tennisti, è situato nella parte esterna dell’articolazione. Inoltre, l’epitrocleite è in assoluto la patologia più comune tra i giocatori di golf, a differenza invece di quanto accade tra i tennisti, dove la zona fisica più malandata di solito è la schiena”.

E come mai i golfisti ne soffrono così spesso?

“La causa è insita nella dinamica del movimento, che a ogni colpo crea una tensione e una contrazione continue dei muscoli dell’epitroclea”.

Verrebbe da dire, bene ma non benissimo… In ogni caso, come ci si cura?

“Prima di ogni cosa, qui a Villa Montallegro vogliamo sempre ottenere una diagnosi precisa. In questo caso, la si può avere attraverso un’ecografia che metta in evidenza lo stato di salute del tendine. Quindi, appurata la patologia, procediamo per gradi”.

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Cioè?

“Possiamo iniziare con sedute di stretching, di allungamento muscolare e con la fisioterapia classica. Se però i risultati sperati non arrivano, allora consigliamo sempre il PRP”.

Che cos’è?

“Si tratta di una terapia rigenerativa attraverso l’uso di plasma arricchito di piastrine, che accelera i processi di riparazione dei tessuti. Si effettua un prelievo dal braccio del paziente, se ne centrifuga il sangue e se ne utilizza solo il siero, quello veramente ricco di piastrine. Questo stesso siero viene poi iniettato sotto guida ecografica proprio sul tendine malandato: si consiglia un’infiltrazione alla settimana per tre settimane di fila e i primi risultati arrivano dopo un paio di mesi”.

Mi scusi, ma non è la stessa terapia con cui, qualche anno fa, Tiger Woods e Rafa Nadal hanno curato il loro rispettivo ginocchio?

“Esatto: il PRP ormai è diventata la terapia regina quando si tratta di curare articolazioni malandate e persino lesioni muscolari come gli strappi. Anche i calciatori ricorrono spessissimo a questo tipo di cura”.

Morale: siccome nessun dolore dovrebbe durare così a lungo da farsi ricordare, è sempre meglio curarsi nel modo più giusto e consono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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