The Masters, “El Clasico” del golf

Se siete appassionati di calcio, conoscete il brivido caldo che vi scorre lungo la schiena nei 90 minuti de El Clasico; se invece siete amanti del golf, aspettate con l’ansia dell’innamorato al primo appuntamento le 72 buche del Masters di Augusta.

Dal 5 all’8 aprile: sono queste le date contrassegnate col circoletto rosso nelle agende degli swingatori del pianeta. Come ogni anno, ormai da 82 anni, nella prima settimana del mese il circo del golf mondiale torna in Georgia per l’appuntamento più esclusivo: il Masters, il primo, in senso cronologico, dei quattro tornei del Grande Slam del green.

Poco meno di un centinaio i giocatori a ricevere l’invito per Augusta: tra questi, torna a brillare, dopo un’assenza di due anni a causa degli infortuni, la stella di Tiger Woods.

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Rientrato alle gare a gennaio dopo l’operazione di fusione lombare dello scorso aprile, in Georgia l’ex numero uno del mondo insegue il primato di Ben Hogan, il campione texano che, sopravvissuto a un terribile incidente d’auto, nel 1950, sedici mesi dopo lo schianto, trionfò nello storico U.S. Open di Merion. Da allora, tra i guardoni delle cose sportive, quel successo di Hogan è passato agli annali come il più grande ritorno della storia.

Vincesse Tiger ad Augusta, il record del texano verrebbe polverizzato, se non altro per la copertura mediatica che solleverebbe: per dire, nel torneo dell’Honda Classic, in Florida, dove Woods è stato in lizza per il titolo, i rating televisivi sono schizzati alle stelle. Nel corso del week end di gara, gli analisti dei network statunitensi non credevano ai loro occhi quando le percentuali dei telespettatori della CBS segnavano un +14% rispetto allo stesso appuntamento del 2017 e quelle di Golf Channel un solido +43%.

Effetto Tiger, dicevamo: se nel fine settimana del Masters il Fenomeno dovesse trovarsi in lizza per la sua quinta giacca verde (il trofeo spettante al vincitore NdR), l’impatto mediatico del torneo e del golf in generale subirebbe una verticalizzazione che neppure Reinhold Messner si sognerebbe di scalare.

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Ora, nonostante tutti i fuoriclasse felici si somiglino, ma solo Tiger sia leggendario a modo suo, il Masters non è ovviamente solo Woods: l’appuntamento con le magnolie di Augusta è infatti da sempre il miglior produttore di storytelling golfistico che esista in terra.

A inseguire la giacca verde, ci saranno infatti tipini fini come Dustin Jonhson (l’attuale numero 1 del mondo), Justin Thomas, Jon Rahm, Jordan Spieth, Rory McIlroy, Justin Rose, Jason Day, Rickie Fowler, e pure il ritrovato Bubba Watson, il cui cambio di pallina ha ringalluzzito le sue curve di gioco e affinato pure il suo tocco magico.

Secondo i bookmakers di Las Vegas, sarebbero questi, ossia i soliti noti, i favoritissimi al titolo finale di Augusta, ma le quotazioni di Tiger, nonostante l’attuale classifica mondiale racconti un’altra storia, sono in rapidissima ascesa: dato a 12/1, l’ex numero del mondo rientra di diritto tra quelli su cui varrebbe la pena puntare qualche eurino.

In cotanto firmamento golfistico, dice la sua anche la presenza di Francesco Molinari (il suo tee time è per le 9,47 ora georgiana, insieme a Kiradech Aphibarnrat e Pat Perez NdR), unico italiano in gara, ma vero e proprio aficionado di Augusta: pur non avendo mai brillato su quei green vellutati, stavolta l’azzurro, ricco di esperienza americana, potrebbe trarre ispirazione dal nuovo putter infilato in sacca.

Non per niente, la storia insegna che al Masters tutto è possibile, perché, se, come sostiene Philip Roth, molte cose nella vita sono possono accadere, ma poche hanno fondamento, ad Augusta, soprattutto nelle battaglie e nei rovesci delle 9 buche finali, i campioni veri sanno aggrapparsi a quel minuscolo fondamento di possibilità come neppure l’undici del Real Madrid riesce a fare con Cristiano Ronaldo quando è sotto al Camp Nou.

(da Undici, aprile 2018)

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