Masters, statistiche o I-Ching?

Sta per iniziare il Masters e, al solito, piovono a catinelle previsioni statistiche su chi potrebbe avere le maggiori chance di indossare la giacca verde la domenica sera.

Si scopre così che solo due giocatori si sono piazzati nei top ten nelle ultime tre edizioni del torneo: Giordanello Spiethato Spieth e Rory McRory; che Fuzzy Zoeller nel 1979 e Gene Sarazen nel 1935 sono gli unici giocatori nella storia ad aver vinto ad Augusta da rookie; che negli ultimi cinque Masters è Giustino Rose quello ad aver marcato il maggior numero di birdie ed eagle (88); che negli ultimi cinque anni tutti i vincitori erano arrivati ad Augusta vantando un posto tra i top 7 nella speciale statistica “tee to green”; che quest’anno tra i primi sette in questa classifica ci sono Dustino Johnson, Rambo Rahm, Sergio Garcia, Riccardino Fowler, Giustino Thomas e Hideki Mastujama; che i migliori score cumulativi degli ultimi 3 Masters appartengono a Giordanello (meno 25), Rose (meno 12) e Rory (meno 11).

Ci si domanda anche se il drive in fade di DJ non sia un deterrente per la conquista della giacca verde, quando tutti sanno che è il draw il colpo che ci vuole dal tee per tagliare gli angoli spinosi dei dogleg dell’Augusta National. Altri statistici ricordano però che nella passata edizione fu proprio DJ a guidare la classifica sui green, dimostrando di sapersi adattare meglio di altri alle pendenze da capogiro intorno alla buca.

Insomma: un delirio di dati, numeri, percentuali e statistiche che hanno il solo scopo di lasciar credere ai giornalisti, ai tifosi e agli analisti di poter prevedere il futuro conoscendo il passato. Ma di fronte a questi virtuosismi matematici, la domanda filosofica che mi pongo io è la seguente: come possiamo scoprire ciò che è infinitamente sconosciuto (il futuro) basandoci su ciò he è finitamente conosciuto (il passato)?

Per dire: un recente studio della Fed e della Reserve Bank of Australia documenta come gli errori dei principali centri di previsione economica del mondo siano divenuti più frequenti dopo la grande recessione: in media, una volta su due la stima è sbagliata. Degli scimpanzé che tirano freccette fanno centro altrettanto spesso.

Morale: tutti gli eventi, economici, politici, sportivi  e dunque anche quelli golfistici, hanno un’infinità di cause possibili; immaginare di prevederle tutte è pura follia.

Ora: se vivessimo in un mondo deterministico, ovvero privo di casualità, le cose sarebbero abbastanza facili da prevedere. Uno più uno farebbe sempre due. Ma il caso purtroppo esiste e anche se preferiamo riconoscere la sua importanza solo nel fallimento, in verità fa sentire il suo peso anche nell’eventualità di un successo. E, dunque, ammettiamolo: c’è molto di questo “caso” in giro per i fairway e i green di Augusta, dove pure i virtuosismi balistici dei campioni raggiungono vette inusitate.

La stessa pioggia, che è prevista copiosa per le prossime ore su Augusta, potrebbe essere un’incognita al cubo nell’equazione che avrà come risultato il nome del vincitore del torneo: un campo bagnato aumenta le chance dei long hitter o aiuta chi è più corto dal tee, perché rende più morbidi e accoglienti i green anche con i ferri lunghi?

E chi lo sa.

Per cui, sapete che vi dico? Le statistiche tenetevele per voi. Io piuttosto mi baso sull’I-Ching quando sostiene che “Propizio è avere un luogo ove recarsi”. Ecco, nel mio caso, è il divano. Davanti alla Tv. Pronta per godermi lo spettacolo imprevedibile del Masters.

 

 

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *