Oioioioi, quanti dolori alla schiena per i golfisti del Tour

Secondo una lunga tradizione filosofica, la vita fa schifo. Più nel dettaglio, per i golfisti la vita fa schifo soprattutto quando s’infortunano.

In tutta onestà, i guai fisici immergono qualsiasi atleta in uno stato di prostrazione tale che nemmeno quando sei al distributore automatico sulla tangenziale in piena notte con un solo pezzo da 10 euri tra le mani e la macchinetta te lo risputa fuori disgustata. Ecco come si sta.

E dunque ultimamente la vita sul Tour deve essersi fatta particolarmente schifosa, se è vero che il tema “infortuni” è praticamente all’ordine del giorno.

Eh sì, dobbiamo aggiungere anche Si Woo Kim, il fresco vincitore del The Players, alla lista degli acciaccati del Tour: 21enne coreano si è infatti cancellato dal Byron Nelson di questa settimana e, a fare bene i conti, si scopre che è addirittura il suo quinto ritiro stagionale.

Soliti problemi alla schiena, dicono, senza però tener conto della giovane età del ragazzo.

Ora: al netto dell’epopea tigeresca che ancora non si è conclusa ma che, anzi, pare vada tuttora per le lunghissime, ultimamente è toccato fare i conti con il mal di schiena -o comunque con infortuni più o meno correlati- già a tanti, se non a tantissimi campioni del circuito.

Michelle Wie, Jim Furyk, Ian Poulter, Giasone Day, Rory McRory, Giustino Rose sono solo alcuni tra i più famosi malandati, ai quali ora si aggiunge anche il giovanissimo Kim, che con Tiger e Rose ha però qualcosa in comune: il coach. Sean Foley.

Tanto è bastato perché sulla rete si scatenasse feroce il dibattito circa le responsabilità del piccolo guru canadese sulle problematiche fisiche dei suoi allievi.

Gli immancabili haters della rete sostengono infatti che Foley imposti una tecnica di swing che di fatto demolisce la schiena dei golfisti: la parte superiore e quella inferiore del corpo lavorano perfettamente all’unisono, tanto che la faccia del bastone resta square all’infinito dopo l’impatto con la pallina, ma la rotazione alla quale la spina dorsale è sottoposta sarebbe eccessivamente pesante da sostenere.

In tutta onestà, a osservare i video dei vecchi swing dei campioni del passato, pare che nel tempo si sia persa la fluidità e la dolcezza del gesto: sono le attrezzature moderne, più che gli swing o i coach, che hanno permesso ai giocatori di oggi di picchiare come fabbri sulla palla e i ragazzi infatti questo fanno, ma i risultati sul fisico si fanno sentire molto (troppo) presto, evidentemente.

Secondo Gary Player, infatti, l’aumento dei problemi fisici sul circuito pro sta proprio nei nuovi bastoni. Avendo degli sweet spot ampi come la steppa siberiana e dunque perdonando a mo’ di sacrestano l’errore eventuale del giocatore, i nuovi ferri e i nuovi driver invoglierebbero i grandi campioni a menare alla palla come se non ci fosse un domani. Dall’attitudine da maniscalco ai guai fisici, secondo il Gary, il passo sarebbe breve (ma doloroso).

Più arzigogolata l’opinione di Brandel Chamblee: secondo l’analista di punta della CBS, l’origine dei problemi starebbe invece nello swing moderno. Il gap esagerato che, al fine di generare maggior potenza, sul Tour si cerca di ottenere tra la rotazione dei fianchi e quella della parte superiore del corpo nell’arco del backswing sarebbe infatti la madre di ogni malanno.

Gira che ti rigira, comunque, la ricerca della potenza a tutti i costi sarebbe alla base di ogni acciacco sul Tour: buone notizie  dunque per noi golfisti della domenica, che non abbiamo problemi né di potenza, né, secondo un vecchio adagio, di controllo. In entrambi i casi, siamo costretti a farne a meno e, visto come vanno le cose, anche volentieri, tutto sommato.

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