Onore ai tecnici azzurri

In più occasioni, da queste pagine, mi sono permessa di lamentarmi per la rigida gestione claustrofobica della nostra attività giovanile.
In più occasioni, sempre da queste pagine, mi sono permessa di sottolineare come le galassie dei ranking nazionali nelle quali i nostri ragazzi e ragazzini sono intrappolati, finiscano per diventare veri e propri buchi neri nei quali lasciar bruciare possibili giovani talenti e future promesse.
In quest’occasione, invece, da queste stesse pagine, mi permetto per una volta di lodare chi in questa intricata matassa di numeri, cifre, medie e punti di cui è fatta la poca materia della nostra attività giovanile, sa trovare il bandolo. Chi, dall’interno di questa massa di nomi, handicap e gare, sa trovare l’energia sufficiente per rompere il bozzolo e liberare la farfalla.
Mi riferisco a tutti quei giovani tecnici –coach, allenatori, preparatori atletici e mentali- che sono dietro ai grandi successi che i dilettanti azzurri hanno raccolto in questa lunga, calda estate tricolore appena conclusasi.
Mi riferisco a tutti quei giovani tecnici appassionati la cui vita è un continuo attendere che qualcosa di importante avvenga in campo. E che in questi ultimi mesi, con i due strepitosi ori europei (l’individuale maschile con Luca Cianchetti e quello femminile under 18 a squadre), con il successo di Emilie Paltrinieri nel British Girls e di Jacopo Vecchi Fossa in Austria, con la vittoria di Virginia Elena Carta nell’NCAA e il suo secondo posto nello U.S. Women’s Amateur, sono stati ripagati di tanto impegno, lavoro, pazienza e studio.
Mi riferisco a tutti quei giovani tecnici che in pochi anni, pur potendo contare su numeri scarni e al di sotto delle medie europee, ma comunque aggiornandosi, viaggiando, studiando e imparando, hanno saputo cambiare il volto delle nostre nazionali amateur, rendendole tecnicamente all’avanguardia.
Ora: dicono che per cambiare occorra un evento esterno di enorme forza e di grande impatto; io sostengo che nel golf italiano quell’evento sia stato la folgorante carriera amateur di Matteo Manassero, che ha avuto il merito di lasciare le porte spalancate a chi dopo lui avesse nutrito la stessa voglia e passione.
Dicono anche che se non cambiasse mai nulla, non esisterebbero le farfalle; io sostengo che se questi giovani tecnici non avessero modernizzato l’approccio al golf e la gestione sportiva delle nostre promesse nazionali, oggi non avremmo tante farfalle azzurre vincenti sui campi di mezzo mondo.
Ben vengano dunque in futuro le necessarie modifiche ai rigidi regolamenti della nostra attività giovanile; nel frattempo, ricordandoci che tanto più le cose sembrano perfette, tanto più sono un bluff, godiamoci queste meravigliose imperfezioni del nostro golf italico.

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