Perdersi lungo la strada della perfezione

La storia insegna che il talento non si perde; semmai lungo la strada verso il paradiso golfistico, verso il miglioramento a tutti i costi, facilmente si può perdere la capacità di giocare.

Le recenti resurrezioni sportive di campioni che parevano totalmente smarriti come Padraig Harrington e Sean O’Hair sono qui a dimostrarcelo. Insomma: se si possiede la scintilla divina, non la si perde, piuttosto qualche volta ci si dimentica come accenderla. Anche se ti chiami Tiger Woods.

Il guaio è che nella ricerca ossessiva verso la perfezione, molti giocatori (e temo che l’ex numero 1 del mondo oggi faccia parte di questa lunga lista) tendono a smarrirsi nei tanti crocevia tecnici che la strada verso il paradiso golfistico pone dinnanzi. E in quei casi, soprattutto se si è giovani e inesperti, piuttosto che affidarsi alle proprie capacità e intuizioni, si tende a delegare le proprie scelte a terzi, confidando nella loro infinita saggezza, conoscenza e maturità.

Troppo velocemente insomma si dimenticano di quella che io chiamo la “luce dell’anima”, di quella dote innata che ogni campione possiede, di quella miracolosa propensione che fa sì che le pieghe dello swing si distendano naturalmente nei momenti decisivi della strenua lotta in campo.

Forse lanciati troppo presto in un mondo di adulti, molti giovani fenomeni non sono abbastanza forti da saper stare ritti sulle proprie gambe nei giorni di tempesta golfistica; forse hanno un inconscio bisogno di sottomettersi a qualcuno a cui delegare le proprie scelte e, in ultima analisi, il proprio golf.

Niente di strano all’orizzonte: in fondo lo stesso Michel Houllebecq non ha recentemente sostenuto forse che la sottomissione rappresenta il culmine della felicità umana?

Ora: solo il tempo e la maturità ci rendono meno inclini a seguire codici prestabiliti da altri e ci rendono più autentici nel modo in cui affrontiamo la vita. Dunque, per quel campione che si è incamminato e perso lungo l’ossessivo cammino verso il miglioramento sportivo a ogni costo, esiste sempre un prima e un dopo e in mezzo tante esperienze che lo portano lontano e lo restituiscono al mondo e al golf tramortito e cambiato. Ma qualche volta anche più forte. Perché se hai assaporato la vetta della gloria sportiva ma anche la profondità dell’abisso, se hai sfiorato le stelle e poi mangiato la polvere, e nonostante tutto nel dedalo delle tue debolezze hai comunque individuato la strada per tornare a galla, allora significa che hai riscoperto come accendere quella scintilla divina che no, non si era spenta, ma si era semplicemente nascosta nella profondità delle rughe del tuo animo. E sai anche che non permetterai mai più a nessuno di soffiarci sopra, perché la cruda esperienza che hai accumulato ti ha mostrato chiaramente che la strada verso il paradiso è lastricata sì di buone intenzioni, ma che quelle intenzioni devono essere solamente ed esclusivamente le tue.

 

(da Golf & Turismo aprile 2015)

 

 

 

 

 

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