Phil Mickelson, o quando la gravità si scorda di te

Dicono che in generale la paura sia quella che abbia l’ufficio marketing migliore del mondo. La paura interessa tutti; la paura vende.

Dicono anche che nelle relazioni sentimentali, il tema preponderante siano invece i distacchi e i ritorni, “quelle cose della vita”, come canterebbe Ramazzotti, “da capirci niente poi”. In verità, l’unica cosa che, tra rotture e riappacificazioni, s’intravede più limpida delle altre è che i ritorni amorosi esistono fin dove l’ossessione ha spazio e tempo per infilarsi nelle pieghe dell’anima.

Insomma: si ritorna fino a quando non si è stanchi di provarci. E, a dirla tutta, parrebbe essere così anche nello sport, che, per lo meno ad alti livelli professionali, altro non è che un diverso grado di ossessione passionale.

Insomma, il “mai tirarsi indietro” sembrerebbe essere il leitmotiv dietro l’unica maniera per farcela. Lo sport procede tra battaglie e rovesci, tra passato e presente, tra felicità e paura, tra il costruttivo e l’inutile: in tutti queste curve funamboliche da prestazione, non essere mai stanchi di provarci è la chiave per arrivare in fondo all’ossessione da risultato. E, proprio per questo motivo, per noi neurolabili dello swing, abituati ad arrenderci troppo spesso a troppe cose, non esiste messaggio più rivoluzionario di quello che ci arriva da una domenica golfistica di grandissimi ritorni: Filippone Mickelson (vincitore nel WGC del Messico) e Michelle Wie (trionfatrice a Singapore) rappresentano infatti gli esempi migliori di quanto vado dicendo. Oggi la personificazione del “mai tirarsi indietro” sono loro; domani, magari già da domenica prossima, potrebbe essere Tigerone Woods.

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Phil, 47 anni, non vinceva dall’Open Championship di Muirfield del 2013; Michelle dallo U.S. Open del 2014.

Entrambi parevano rottamati dalle nuove generazioni, overdraivati dai giovani, acciaccati dagli acciacchi e spompati nelle motivazioni.

Entrambi, nella domenica golfistica dei ritorni, ci hanno dimostrato che, se deve combattere col talento, con la dedizione, col desiderio, col lavoro e con la resistenza fisica e psicologica, la gravità qualche volta si scorda di riportarci coi piedi terra. E che, nel golf come nell’amore, in fondo aveva ragione Proust: da certi sogni non si guarisce smettendo di sognare, ma facendo tutto il sogno per intero.

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