Quando il golf è cool

Se per tre secoli ci siamo interrogati se fosse preferibile “essere o non essere” e poi per i successivi quarant’anni cosa fosse auspicabile tra l’ “avere o l’essere”, adesso, nel quinto anno di regno assoluto di Instagram, è invece il momento di porsi una domanda solo apparentemente più semplice: what’s cool, cosa è figo?

In un mondo in cui tutto è messo in mostra alla finestra solo per celare il vuoto della stanza, un mondo in cui i filtri dell’Iphone possono rendere bellissima una vacanza di merda e pure toglierci difetti e chili di troppo, “essere cool” è la cavolata fattasi imprescindibile parola d’ordine.

Nel continente a se stante di Instagram, che non risponde a nessuna legge se non a quella della bellezza esteriore, in questa collettività transnazionale alla quale tutti partecipano inseguendo una propria filosofia di salvezza, la globalità scorre le proprie giornate inseguendo il proprio desiderio non tanto di vedere, quanto di essere là dove la foto è scattata.

Spettatori e ostaggi nello stesso istante, scriviamo immagini che urlano a chi ci guarda da fuori: “sono cool, ergo sum”.

Ovvio, dunque, che in questo scenario da guardoni instagrammati, se si è golfisti, scatti prima o poi la domanda circa cosa sia oggi figo nel mondo del golf.

La risposta arriva immediata: la si trova scorrendo col pollice le migliaia di foto postate online direttamente dal green da tutto il pianeta degli swingatori neurolabili.

Perciò, raga, cosa è cool oggi nel golf?

Innanzi tutto, surfare sui fairway. Archiviati i cart che ormai sono roba da Pleistocene, i millenials si spostano tra una buca e l’altra in piedi a bordo di surfboard a motore.

Con la sacca piazzata davanti al manubrio al quale si sorreggono atletici, in barba ad addominali flosci e tricipiti malmestosi, cavalcano le pendenze della bermuda grass manco fossero le onde di un mercoledì da leoni.

Se però il fisico è quello del ragionier Filini e l’equilibrio lo dovete ancora ordinare su Amazon, allora per voi va forte la silvoterapia. Tradotto: abbracciare gli alberi in campo poggiando il plesso solare direttamente sul tronco. Pare che stimoli la respirazione, rallenti l’invecchiamento, migliori la circolazione sanguigna e accresca l’energia vitale.

Roba che noi golfisti neurolabili le piante a bordo fairway le avremmo sempre volute trattare con una bella secchiata di Napalm al mattino presto e invece adesso dobbiamo farcele amiche per essere cool. Epperò gli olmi pare calmino la mente e i salici riducano la pressione arteriosa: tra un doppio bogey e un altro, forse vale a pena tentare l’abbraccio per ammortizzare i colpi persi, scioglierli, farne polvere e disperderli nella salubre aria circostante.

Infine, se il fisico non vi regge e gli alberi li vorreste trattare come Jason trattava i suoi ospiti in Venerdì 13, cioè a colpi di motosega, allora forse la customizzazione è quella che fa per voi desiderosi di figaggine.

Semplice, rapida, veloce e ordinabile su internet in cinque minuti, la customizzazione is the new lusso applicato ai bastoni da golf.

E già: oggi sui nostri wedge possiamo stampare la qualunque, basta che si tratti al massimo di otto lettere.

Per dire: se sul suo sand iron, il biondo Bryson de Chambeau ha fatto stampare la formula dell’equazione del lavoro, noi neurolabili dello swing possiamo provare con quella del buon cristiano: “Abbi Fede”. Che poi magari funziona pure…

 

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