Quando la misura è tutto (e niente)

Noi golfisti neurolabili siamo quelli che hanno gli orologi con sistemi gps così sofisticati che scoverebbero persino una carie nei denti bianchissimi di un lappone che se li strofina con il lichene artico, quella pianta fino a ieri sconosciuta, ma che smacchia così a fondo che Dash levati proprio.

Noi golfisti neurolabili siamo quelli che per stare tranquilli giriamo in campo con orologi con sistemi gps e pure con puntatori laser così micidiali, che stanerebbero anche un cecchino ceceno di stanza a Grozny mentre si acquatta sul tetto di un palazzo.

Noi golfisti neurolabili siamo quelli che marciano in campo a bordo di golf cart 4.0, dotati di sistemi di rilevamento della distanza così millimetrici, che ci potremmo ingaggiare una battaglia navale e colpire e affondare una portaerei nemica.

Noi golfisti neurolabili siamo quelli che misurano con Trackman , computer e device portatili il volo (sbilenco) di ogni ferro (sbilenco) che tiriamo e la sera, invece di ripeterci le tabelline, ci ripassiamo mentalmente le misure che abbiamo coperto con ogni colpo (sbilenco).

Noi golfisti neurolabili siamo quelli che quando il nostro orologio gps ci dice 136 metri all’asta, il puntatore laser 134, il golf cart 135, l’orologio gps dell’amico accanto 136 e il trackman ci ricorda che tra 136 e 134 è il ferro 7 quello che dobbiamo tirare, ecco, noi siamo quelli che estraiamo l’8, “perché secondo me ‘sta distanza qua mi porta via l’occhio”.

Noi golfisti neurolabili siamo quelli che quando restiamo corti al green e dobbiamo approcciare da una ventina di metri alla bandiera, tra top, flappe e shank, siamo in grado di aggiornare così sapientemente il libro dell’Apocalisse che i famigerati quattro cavalieri portasfiga hanno deciso di andare in pensione, Fornero permettendo.

Ma porca puttana, raga, se siamo negati: se Federico Buffa lo scoprisse, ci farebbe una serie televisiva Sky intitolata “storie di golfisti al limite”.

(Ps tutto quello che ho scritto, non è frutto della mia fantasia malata, ma è tratto da una partita surreale che ho giocato ieri con tre amici neurolabili dello swing, così tecnologici che la silicon valley gli fa una pippa)

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