Quando sognare ti fa marcare 42 puntarelli

Davvero, ho sempre pensato che tutto possiamo nascondere: l’età, una legge mal fatta, un difetto, un amore, un furto, un cadavere, ma il fatto di essere negati a giocare a golf, no, quello no.

Eppure sento certi amici maschi dal backswing interno e dal downswing a “montarci in groppa”, che sono tutti fortissimamente convinti che basti un bastone nuovo termonucleare per azzerare improvvisamente la propria penuria tecnica, per mascherare quell’antipatica scoordinazione motoria che sin dalla culla li accompagna persino nell’atto di impugnare il biberon di latte e biscotti.

Insomma, diciamocelo: non esistono (ancora) driver che abbiano shaft in cui siano inserite a livello del grip e della testa delle siringate di cellule staminali di King Kong in modo di tirarla più lunga dal tee rispetto ai soliti 170 metri sbilenchi.

Nossignore. Non ci sono questi bastoni. Piuttosto, ho sempre creduto nella bontà del talento, del lavoro duro e della tecnica migliore.

Epperò, quando questi stessi maschi dallo swing ingorillato ma dal volo di palla come un gatto bagnato marcano nella garetta della domenica 42 puntarelli stableford solo inserendo un nuovo driver nippo-termonucleo nella sacca, allora il dubbio di aver sbagliato tutto nella mia vita golfistica inizia subdolamente a strisciarmi tra i neuroni stanchi.

Voglio dire: che davvero esistano bastoni magici capaci di trasformarsi in razzi missili con circuiti di 1000 valvole che tra i fairway sprintano e vanno?

Sicuramente, in parte esistono.

Come i fondotinta che a seconda del tipo di pelle riescono a coprire più o meno le nostre magagne cutanee, così evidentemente esistono bastoni che meglio di altri sanno mascherare le nostre peculiari defaillance tecniche e fisiche.

Ma da qui a marcare 42 puntarelli c’è ancora della strada da fare. Tanta strada, per la precisione: 18 buche e 6500 metri.

Quindi ci deve essere dell’altro.

C’è che forse, con un super bastone nuovo in sacca, scatta la chiusura della saracinesca sulla sfera razionale, che poi è quella che ci scontenta con seccature e dubbi, e si alza invece il sipario su quella immaginifica. E si sa, nulla è più potente del modo in cui immaginiamo la realtà: se un abito all’ultimissima moda fa sentire noi donne irresistibili e un decoltè nuovo di zecca e pompato dal chirurgo ci rende sinuose e sexy, così un driver fresco di pro shop è capace di trasformare il golfista neurolabile da week end in un Giordanello Spiethato all’amatriciana. Perché, raga, la verità è una sola: quando compriamo qualcosa, tutti compriamo non quella cosa specifica, ma quella possibilità che intravediamo con quella cosa tra le mani. In definitiva, tutti compriamo un sogno. Perché, sapete che c’è? C’è che alla fine ognuno di noi si rifiuta di diventare grande come può e sognare è un ottimo modo per riuscirci. Soprattutto quando quel sogno ti fa marcare 42 punterelli.

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