Ryder Cup: si apre uno spiraglio?

Dopo la conferenza stampa di Chimenti e Montali di giovedì, le ultime news da viale Tiziano raccontano di un clima certamente incerto ma con possibili schiarite all’orizzonte.

Tradotto: l’inflessibilità inglese potrebbe essere stata scalfita e dunque il termine ultimo del 13 febbraio per la presentazione della garanzie statali da 97 milioni potrebbe slittare –dicono- al 28 dello stesso mese.

In fondo “scippare” la Ryder Cup a Roma per trasportarla in Spagna manco fosse un pacco postale non sarebbe un trasloco facile: nonostante il patròn del Pga de Cataluna (il campo sul quale si giocherebbe la sfida tra Europa e Stati Uniti NdR) vanti ricchezze incalcolabili, anche a Madrid sarebbero richieste quelle stesse fidejussioni governative che da noi incontrano ritardi e intralci sulle strade piene zeppe di buchi e trappole di Roma.

Il traffico romano, inteso però in senso politico, è quello che per primo ha portato il golf italiano a galleggiare in una bolla di attesa che in parte –va detto- la stessa Fig ha comunque contribuito a creare con silenzi, meline e poca trasparenza.

La conferenza stampa di ieri è stata però il segnale che in Federazione finalmente si è deciso di non voler restare col cerino in mano: non fare più il panchinaro nel destino del governo, ma diventare centrocampista a tutti gli effetti.

Certo, si poteva fare prima, molto prima. Eppure, anche se con colpevole ritardo (e Chimenti lo ha riconosciuto con un mea culpa che non ha precedenti) i numeri snocciolati da Montali devono aver smosso qualcosa.

Fatto sta che gli inglesi si dicono oggi possibilisti: attendere, dare fiducia all’Italia, in fondo conviene anche a loro, visto che insieme a noi, anche Keith Pelley, il CEO del Tour, e lo stesso circuito europeo rischiano una figuraccia planetaria.

Non è infatti un caso se nella giornata di giovedì, già alcuni siti statunitensi autorevoli registravano l’impasse golfistico/governativo che qui da noi è sotto gli occhi di tutti e soprattutto su tutte le prime pagine dei giornali: è la globalizzazione, bellezza, che fa correre le notizie da una parte all’altra del mondo in un battito di ciglia.

Cosa resta da fare, dunque? Innanzi tutto attendere la fatidica risposta dal Board britannico prevista per lunedì 13, che però a Roma già si ipotizza che potrebbe essere possibilista nei confronti di un ulteriore slittamento; nel frattempo far pressioni sul ministro dello Sport, perché in breve si trovi una strada, questa volta alla luce del sole senza ulteriori, insopportabili machiavellismi, per veicolare queste benedette garanzie necessarie alla Ryder Cup. Dove e come farlo, resta la domanda. La volontà c’è da parte di tutti; speriamo anche il tempo. Ma come sosteneva Blaise Pascal, tutto sommato è sempre preferibile avere fiducia: lui credeva nelle strade infinite di Dio, a noi tocca credere in quelle romane di Chimenti.

 

 

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