Ryder Cup: un buon tentativo ma a tempo quasi scaduto

Perché solo ora?

Perché, dopo quasi un anno di colpevole ritardo, solo ora, con l’acqua alla gola, i massimi dirigenti del golf italiano si sono decisi a indire a Roma una conferenza stampa per rispondere e per spiegare con dovizia di particolari tutto il mega progetto Ryder Cup?

Perché non farlo prima? Perché aspettare un anno?

In conferenza stampa, il presidente Chimenti ha fatto un insolito mea culpa sostenendo di “aver fatto una cazzata” a non rispondere mesi fa alle famose 10 domande poste da Il Fatto Quotidiano e probabilmente ha ragione. Perché è vero: quello della mancata comunicazione circa la realtà straordinaria del progetto di Rome2022 è stato uno sbaglio immenso e purtroppo, senza originalità alcuna, è stato anche reiterato nel tempo.

Voglio dire, il canovaccio di questo ultimo anno è sempre stato il medesimo: in quasi dodici mesi di impervie trattative tra Federazione e Governo, l’errore è sempre stato la mancanza di un’iniziativa alla luce del sole, la mancanza di una spiegazione del progetto, la mancanza di un documento per le voci di spesa, la mancanza insomma di un qualsivoglia straccio di comunicazione.

A un disegno di legge ben spiegato e preparato, si è preferito il silenzio. Sempre.

Su pressioni della politica preoccupata di possibili reazioni populiste, i vertici federali si sono rinchiusi sempre di più nello stretto perimetro delle proprie soggettività, fino –ed è storia di questi ultimi giorni- a rimanervi intrappolati, finendo con il riporre tutte le speranze di successo nell’inserimento alla chetichella di un emendamento pro 97 milioni all’interno del Decreto Salva Risparmio. Che –diciamocelo- è un po’ come dare un calcetto alla pallina in rough quando nessuno ci vede.

“C’era l’urgenza”, ha sostenuto con onestà Montali. Ma perché ridursi a tanto e così tardi? Facile prevedere  che poi le opposizioni insorgano o che il governo stesso sembri sfilarsi dalla vicenda.

Ma come si è giunti a tutto questo? Con la cultura del silenzio.

Eppure, voglio dirvi, viviamo nell’era dello story-telling, ormai assurto a mantra dagli esperti di comunicazione, a boa per i naufraghi dei sondaggi, a bussola nella nebbia della crisi.

Lo story-telling è quella forma di comunicazione usata ormai in massa nei settori più disparati, dal marketing alla politica, per convincere clienti, persuadere elettori e incuriosire futuri acquirenti.

Ecco, nonostante tutto, di story-telling circa la Ryder cup non si è avuto alcun sentore nell’ultimo anno, né da Viale Tiziano, né tanto meno dai palazzi del potere romani.

Il marketing, la politica lo sanno: oggi la possibilità del successo di un marchio, di un prodotto, di un partito, di un’idea, di un progetto (la Ryder, in questo caso) sta solo nel racconto che si sa comunicare.

Il marketing e la politica lo sanno, ma evidentemente chi in Italia ha gestito l’affaire Ryder 2022, no.

Morale: in questi ultimi mesi, con uno story-telling sistematico sulla manifestazione biennale tra Europa e Usa, si sarebbe creata una relazione emozionale tra la Ryder e quella stragrande maggioranza dell’opinione pubblica digiuna di golf.

Lo scopo narrativo non sarebbe dovuto essere solo quello di informare e di convincere l’italiano medio della bontà del progetto e del torneo, ma anche quello di coinvolgerlo in una storia che gli aprisse il cuore, gli mobilitasse le emozioni e lo facesse sentire coinvolto in prima persona in un evento a tutto tondo.

Sono le emozioni che fanno vendere e sono sempre le emozioni che smuovono il paese.

In un canovaccio narrativo del genere, vi si sarebbero dovuti condensare tutti gli elementi costitutivi della sfida della Ryder: storicità, sportività, competizione, campanilismo, amore di patria, onestà, orgoglio, valori, rispetto, tradizione, autenticità e chi più ne ha, più ne metta. Il tutto mentre la politica preparava e votava un disegno di legge ben fatto e ben strutturato sulla questione finanziaria.

E invece no. E invece, probabilmente vittima del gioco politico che ha preferito lavorare “sotto traccia” per non alzare pericolosi e dannosi polveroni populisti (poi puntualmente verificatisi), la Federazione ha preferito la cultura del silenzio. Che poi a sua volta si è scontrata con violenza improvvisa con  il fenomeno opposto, quello della post-truth falsa e mistificatoria cavalcata nelle ultime settimane da grillini e opposizioni varie, che hanno avuto vita facilissima a mettere in luce attraverso mille bugie e profonda ignoranza i punti deboli  del progetto.

In questo scenario, vale la pena ricordare che uno studio recente intitolato Silence Fails, giunge alla conclusione sorprendente che “il silenzio organizzativo è responsabile del fallimento dell’85% dei progetti”.

Forse, nel tentativo di rientrare in extremis in quel 15% di successo, oggi Franco Chimenti è apparso insieme a Gianpaolo Montali a Roma in una conferenza stampa in diretta streaming (sulla falsariga di quelle dei 5 stelle) per cercare di spiegare “in modo chiaro” tutti quei quesiti circa la Ryder romana rimasti sempre senza risposte.

Ci sono riusciti. Speriamo solo non sia troppo tardi: l’appuntamento per conoscere il futuro di Rome2022 è fissato per il 13 febbraio, termine ultimo deciso categoricamente dagli inglesi per la presentazione delle garanzie. La Fig chiederà un ulteriore rinvio tecnico al 28 del mese: vedremo chi la spunterà.

 

Comments

1 Comment
  1. posted by
    piero amato
    Feb 10, 2017 Reply

    bella diagnosi Dottoressa! ed ora speriamo nei Terapisti incaricati dell’ intervento d’urgenza ….

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