Se lo specchio del golfista è rotto

Jean Cocteau sosteneva che gli specchi farebbero bene a riflettere prima di rimandare l’immagine.

Beh, se Jean Cocteau avesse giocato a golf, avrebbe saputo che in effetti gli specchi non solo riflettono bene, ma sono anche dei gran bugiardi e soprattutto che hanno un gran senso dell’umorismo quando si tratta di rimandare l’immagine. Ma prima di continuare, urge un passo indietro nel mondo della scienza.

Dunque: lo sapevate che osservare una persona che compie una determinata azione attiva in noi la medesima regione corticale che entra in funzione quando compiamo la stessa azione in prima persona?

Tradotto: nel nostro cervello esistono delle cellule, i cosiddetti neuroni specchio, che si accendono sia quando per esempio ci portiamo la mano alla bocca, sia quando osserviamo qualcuno vicino a noi compiere il medesimo movimento.

In buona sostanza, la nostra mente e i nostri muscoli sono stati indirizzati da sempre lungo la via dell’imitazione: è probabile che i neuroni specchio, che col loro lavoro costante ci permettono di accelerare l’apprendimento, si siano formati nel corso dell’evoluzione umana proprio per facilitarci l’acquisizione di conoscenze. E dunque, nonostante il fatto che non ne siamo assolutamente consapevoli, tutti noi finiamo con l’imitare in modo costante e automatico le azioni compiute dalle persone che ci circondano e col copiare gesti impercettibili che rispecchiano le persone con cui interagiamo.

Tutto bene, dunque? Insomma: a dire il vero, qualcosa non quadra nella quadra generale.

Se così fosse –mi dico- a noi neurolabili del green basterebbe spararci venti ore di video dello swing celestiale di Adamello Scott in un continuum televisivo, per alzarci dal divano e, come novelli Lazzari golfistici, iniziare a bombardare le aste di ogni buca da ogni varco spazio-temporale dell’universo. E invece non è così. E non è così, perché (presupponendo di non essere caduti in catalessi prima), l’esperienza storica ci suggerisce che, dopo venti ore di visione ripetuta dello swing di Adamello, ci alzeremmo da quel divano sfondato, proveremmo fiduciosi il nuovo swing a specchio con un mestolo in mano et voilà, il gomito destro sarebbe ancora ad ala di pollo, il ginocchio destro bello steccato, la schiena piena di acciacchi e la velocità della testa del bastone sarebbe come quella di un Ciao Piaggio col variatore che fa i capricci in salita.

Morale: è evidente che siamo neuronalmente sfortunati.

Voglio dire, anni di pratica e di lezioni e di video e di golf televisivo ci dimostrano che siamo l’unica tipologia umana in cui i neuroni hanno rotto gli indugi e frantumato tutti gli specchi che avevano a disposizione. E dunque, fatevi un ragionamento rapido, rapido: sette anni di sfiga per ogni specchio rotto, moltiplicati per milioni di neuroni specchio, uguale a mai una gioiah. Ed ecco che i conti magicamente tornano e che Jean Cocteau non aveva capito davvero una ceppa.

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