Solo rispetto per Ernie, grazie

La notizia dei 6 putt di Ernie alla sua buca inaugurale del Masters mi è arrivata durante una cena di gala, via Whatsapp. Poi qualcun altro mi ha inviato il video del disastro. Poi qualcun altro ancora mi ha spedito la foto del leaderboard del torneo con il nome del sudafricano a più 5 dopo la prima buca.
Inutile dirvi: non potevo crederci. E più non ci credevo e più mi si saliva la tristezza: era come assistere all’agonia di un moribondo.
Eppure oggi, ovunque in rete, è tutto un postare e commentare il video velenoso di quei sei putt. Sei putt in cui il cervello del sudafricano si è scollegato dal resto del corpo. Sei putt in cui il bastone si è trasformato in un serpente velenoso. Sei putt in cui nulla della fluidità tipica del suo gesto tecnico era rimasto a ricordarci la grandezza del talento. Sei putt che purtroppo tutto il mondo ha visto.
E lo capisco: osservi Els mettere insieme quel disastro e da golfista neurolabile del week end quale sei ti senti subito assolto da tutte le tue magagne psichiche e dalle tue incapacità tecniche.
Ok, però, qui, quel video, non lo troverete. Qui, quel disastro non è mai successo. Qui, troverete solo rispetto per il grande campione. Perché se c’è una cosa che ho imparato nella vita, è che nessuno può essere felice di dover condividere con gli altri cose che non vorrebbe condividere neppure con se stesso. E lo yips è una di quelle cose che non solo non vuoi condividere, ma neppure vuoi ammettere a te stesso.
Vedete: il grande Ben Hogan una volta disse a un giornalista che gli chiedeva come pensava di uscire dal tunnel della scossa con il putter, che l’unico modo per farcela era smettere di giocare a golf. Perché di questo si tratta: di una condanna a morte golfistica. Di una strada per l’inferno costellata di tante buone ma inutili intenzioni e di altrettanti putt sbordati. E in tutta onestà io non ho nessuna voglia di sentirmi meglio nei miei panni di golfista sfigata scrivendo l’omelia funebre di Ernie.

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