Spazio per crescere

Se c’è una cosa noiosa al mondo come un romanzo di Baricco è la conferenza stampa post torneo del vincitore. Tutto un fiorire di inutili e scontati “Ho fatto birdie di lì, par di qua, ho tirato di lì e ho imbucato di là”, è da sempre la delusione più scottante per noi guardoni del green, noi che, in quei minuti a microfoni accesi, con l’anima nella mano sinistra e la penna in quella destra, vorremmo invece trovare svelati i misteri ultimi dell’universo golfistico.

Voglio dire: il punto è non è lo score, ma cosa si nasconde dietro lo score. O meglio: cosa si nasconde dietro quella sottile linea rossa che separa il momento del colpo decisivo del torneo da ciò che resta della giornata golfistica. In un mondo in cui sono esistiti Renoir e Mozart, Leonardo e Giotto, il tennis di Sampras e il golf di Tiger, pensare che sì, che tutti i colpi siano identici nella loro assoluta perfezione, sarebbe fuorviante. Perché, alla fine dei conti, i tipi di cui sopra sono esistiti e la loro stessa esistenza ha tracciato il solco invalicabile che separa ciò che è geniale da ciò che è semplice noia. Ed è per questo motivo che la mente di noi guardoni del green è ben attratta e incuriosita solamente da ciò che sembra piovere direttamente dalle mani del Dio golfista: dal colpo stellare. E scoprire cosa si nasconde dietro quella risolutiva magia balistica è da sempre la nostra missione.

In questo senso, mi hanno interessato più del normale le dichiarazioni di William Rubizzo McGirt, il roscio che a sorpresa s’è portato a casa l’ambito titolo del Memorial.

Davanti ai microfoni, con la schiettezza tipica dell’underdog, Cicciobello McGirt ha tracciato a parole quello che esiste dietro un successo così inaspettato: si chiama crescita. Quella cosa misteriosa che per i dilettanti da strapazzo ha a che fare con il girovita se maschi, e con la tinta dei capelli da ritoccare se donne. Eppure –incredibile a dirsi- esisterebbe anche una crescita golfistica la quale è frutto degli insuccessi precedenti, i quali a loro volta sono figli di un tentativo.

Si può crescere, insomma, a ogni livello, a patto che si abbia sia la forza di fermarsi a riflettere lucidamente sulle proprie debolezze, sia quella per ripartire cercando di superarsi.

Nel caso di Cicciobello, crescere è stato sinonimo di rallentare swing, respiro, routine, pensieri, camminata. Ha capito che l’accelerazione da stress se va bene per Valentino Rossi, non funziona per il golfista. E così nell’ultimo giro del Memorial, ha giocato (e vinto) semplicemente tenendo a bada la fretta del cuore, scalando le marce e chiudendo il gas.

Morale: il caso di McGirt ci insegna che a qualsiasi età, in qualsiasi ambito, c’è sempre spazio per crescere. “There is room to grow” dicono gli anglosassoni. Il difficile semmai è fermarsi a riflettere, smettendo per un attimo di correre a vuoto come un criceto in gabbia sulla solita ruota delle cattive abitudini.

 

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