Ero seduta al bar con un amico appartenente all’affollata categoria degli “swingatori anonimi”: il tipo,  appoggiato al bancone di Mangini, mentre sorseggiava il cappuccino delle otto di mattina, mi stava ovviamente sciorinando con fare massone le sue ultime vicissitudini sul campo da golf.

Ora: siccome siamo specchi che negli altri trovano il riflesso di se stessi, il tipo sapeva -e lo sapevamo benissimo entrambi- che, da golfista neurolabile quale sono, ero l’orecchio perfetto in cui versare litri di parole di un amore, quello verso il golf, profondamente a senso unico.

Il golf, mi diceva, non ricambia mai. Il golf prende ma non ricompensa. Il golf riceve ma non dà.

Ed è stato a quel punto, nel mezzo di una mezza frase condita dal sale del lamento versato sulla ferita golfistica, che mi sono ricordata che no, non è vero: in fondo, se ci si ferma un secondo a ragionare, il golf ci regala tantissimo.

Ci permette di camminare, passeggiare, e respirare.

Ci permette di sorridere, ridere, e chiacchierare.

Ci permette di alzare il viso verso il sole, annusare il profumo della primavera, e gustare il sapore del silenzio.

Ci permette di lasciar fluire le ansie, sciogliere i nodi, e allentare le tensioni.

Ci permette di staccare la spina, allacciare il sorriso, e decollare in volo.

Ci permette tutto questo e molto altro ancora. E soprattutto, al netto dei ritmi frenetici che ci attendono là fuori, là dove la storia non conta più ma conta solo l’adesso, ci permette di regalarci il tempo di riflettere, e, ogni tanto, mentre lo facciamo e giochiamo, pure di inciampare nella pallina.

Voglio dire, il golf ci concede davvero un ventaglio di opzioni formidabili: peccato che per lo più siano rintracciabili solo in mezzo al fairway….